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Bonucci: «Ho accettato il Milan per mettermi in discussione»

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Intervistato da Tencent Sports, Leonardo Bonucci ha raccontato le proprie esperienze in carriera con la maglia di Inter, Juventus e Nazionale

Leonardo Bonucci, capitano del Milan, ha nuovamente parlato a poche ore dal derby di questa sera del rapporto tra il calcio e i propri figli ai microfoni di Tencent Sports: «Hanno già cominciato a giocare a calcio, lo fanno dentro casa. L’importante è che si divertano, c’è tempo per giocare a calcio. Lorenzo a guardare il Toro? È stato un gesto normale, fatto da Leonardo padre e non da Bonucci giocatore della Juve in quel momento. Lorenzo ha questa passione per il Toro e credo, come ogni ragazzo o bombo, debba perseguire questa sua fede».

ESPERIENZA ALL’INTER – «Sono state tappe fondamentali. Sono arrivato all’Inter non più giovanissimo, avevo 17 anni. Sono stati due anni splendidi nel settore giovanile nerazzurro, dove sono cresciuto tanto. A Treviso e Pisa sono stati altri due anni importanti, mi misuravo con gente più esperta, entravo in un vero spogliatoio. L’anno a Bari è stato indimenticabile, è stata la svolta della mia carriera. Ho proseguito il lavoro cominciato a Pisa con Ventura, che mi ha permesso di arrivare in Nazionale. È stato il bivio della mia carriera, fortunatamente ho preso la strada giusta».

ESPERIENZA ALLA JUVE – «Avevo appena compiuto 23 anni dopo il primo Mondiale. È stato un passaggio importante. Il primo anno ho trovato difficoltà, perché la maglia della Juve, così come quella del Milan, mette pressioni addosso e un ragazzo giovane può far fatica a tenere gli equilibri. È stata dura, poi per fortuna è arrivato Conte, che ci ha dato la mentalità. Sono arrivati grandi giocatori, ho avuto la fortuna di giocare sette anni nella Juve e di vincere. Sono maturato a livello umano, sono cresciuto come età e carattere. Ho potuto misurare i miei valori all’interno di un gruppo fatto di grandi campioni. È stata una crescita che mi ha portato a essere quello che sono oggi. Ma da oggi deve esserci un nuovo inizio».

ESPERIENZA IN NAZIONALE – «Eravamo a Montecarlo, contro il Camerun. Fu la mia prima partita con la difesa a tre: io a destra, Cannavaro al centro e Chiellini a sinistra. Fu una prova di Lippi per eventualmente schierare questo modulo al Mondiale, poi non è successo. Durante la partita ricordo di essere stato molto tranquille e sicuro di me stesso. Sfiorai anche il gol vittoria. È stato un esordio importante che mi ha permesso di raggiungere 72 partite con la Nazionale italiana, che non è un traguardo da poco».

ESPERIENZA CON I VARI ALLENATORI – «Ognuno di loro ha un carattere ben preciso e delineato e uno stile di gioco. Ho avuto la fortuna di essere allenato da grandi allenatori, ognuno di loro mi ha trasmesso qualcosa in campo e fuori dal campo. Conte mi ha dato più di tutti, l’ho avuto per più tempo e potevo lavorare ogni giorni con lui. Sono migliorato anche a livello umano. Lippi mi ha fatto esordire in Nazionale, mi ha portato al Mondiale come scommessa. Ogni allenatore che ho incontrato sula mia strada è stato importante. Dico grazie a tutti loro».

STILE – «Quello adatto a me è uno stile da combattente, da uno sempre sul pezzo, con sacrificio e voglia di lavorare. Tutti i miei risultati li ho ottenuti lottando, soffrendo quando c’era da soffrire e gioendo quando c’era da gioire. Non mi tiro mai indietro, mi piace la battaglia. Sono un combattente. È questo che mi ha permesso di arrivare in alto con la maglia della Nazionale e della Juve, e sicuramente mi permetterà di farlo anche con quella del Milan».

IMPOSTAZIONE – «Una mia caratteristica che la difesa a tre ha messo in risalto. Ma avevo fatto diversi assist anche con la difesa a quattro. Il mio passato da centrocampista mi ha aiutato, ho avuto la fortuna di migliorare tecnicamente quando ero giovane e di diventare un difensore diverso dagli altri, a cui piace impostare e prendersi il rischio, a volte anche esagerando. Fa parte di me. Con Conte sono riuscito a dare il meglio sotto questo punto di vista. Somiglio a Beckenbauer? No, lì parliamo di un mostro della storia del calcio mondiale, devo mangiarne di pasta asciutta per arrivarci. A volte vengo criticato per le troppe volte che gioco questa palla in profondità, ma mi piace essere determinante e mettere il compagno davanti alla porta».

MONDIALE – «Dobbiamo arrivarci. Abbiamo a novembre un playoff difficile, due partite in cui passa un intero progetto. Non è facile giocare con queste pressioni, ma siamo l’Italia e abbiamo l’obbligo di andare al Mondiale. Una volta ottenuto questo ci sarà da sognare, senza porsi limiti».

SAN SIRO – «C’è poco da dire, è la storia del calcio, lo stadio più importante d’Italia. Entrare a San Siro mette sempre un po’ di soggezione. Fortunatamente, adesso quando ci entro il pubblico è dalla mia parte, mi scalda e incita la squadra. Un pubblico che ci aiuterà nei momenti difficili e ci farà gioire il doppio nel momento in cui ci sarà da festeggiare grandi vittorie».

MILAN – «Il progetto rossonero è quello che mi ha spinto a scegliere questa grande sfida. Sapevo che sarebbero venute fuori delle difficoltà, ma ho accettato questa sfida perché voglio misurarmi e mettermi di nuovo in discussione. Le difficoltà saranno tante, ma l’obiettivo è migliorare e dare il massimo di noi stessi sempre, a prescindere dalla partita che si gioca. C’è da lavorare, è la strada che dobbiamo intraprendere sia in campionato che in Europa League per non porci minimi. La qualificazione alla Champions dev’essere l’obiettivo minimo, il Milan deve giocare lì ogni anno. È stato un periodo sfortunato, da quest’anno il nostro obiettivo deve essere tornare a giocare la Champions».

INTER- «È un’ottima squadra, con ottime individualità. Hanno scelto un allenatore importante. Dobbiamo fare massima attenzione e dare il meglio di noi stessi. All’Inter prenderei Candreva ed Eder, sono miei amici e compagnia di Nazionale. Ho avuto modo di stare con loro, sono due splendidi ragazzi e due grandi giocatori. Pronostico? Vinciamo noi, ma non dico quanto».

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