Kean: «Da piccolo scelsi il Milan. Razzismo? L'ho subito e va combattuto»
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Kean: «Da piccolo scelsi il Milan. Razzismo? L’ho subito e va combattuto»

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Kean si è raccontato in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport a 360 gradi: dall’infanzia fino ai giorni nostri con profondità

Kean si è raccontato in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport a 360 gradi: dall’infanzia fino ai giorni nostri con profondità

INFANZIA – «Il primo pallone? Ad Asti, in oratorio andavo sempre con mio fratello che si allenava lì. Lo accompagnavo e, visto che non potevo giocare con loro (lui è del 1993, io del 2000), cercavo di imitarlo. Mi mettevo da parte con un pallone. E tiravo in porta. Ho cominciato così, a sei anni… Quando ero piccolo non tifavo per nessuna squadra. Guardavo tutte le partite, ero pazzo per il calcio, ma senza sentirmi tifoso. Mio zio veniva sempre da noi a vedere la tv e lui era milanista. Per cui allora scelsi il Milan. Ma poi cambiavo ogni giorno, ogni partita che vedevo tifavo per la squadra che mi piaceva di più. La figurine? Certo, mi piacevano tanto, ma quando ero piccolo non potevo permettermi di comprarle. Chiedevo a mia madre i soldi per acquistare le bustine e l’album ma lei non poteva darmeli. Per cui non ho avuto mai la possibilità di fare una collezione». 

PSG – «A Parigi mi trovo benissimo, mi hanno accolto a braccia aperte, non me lo aspettavo. Qui la gente è più calda, con i compagni di squadra c’è una grande allegria, una gioia di giocare, ci si diverte. Siamo tutti giovani e però di grande talento. Qui puoi solo imparare. Neymar e Mbappé sono i due attaccanti più forti che ci siano. Sono giovani anche loro, per cui ci si intende al volo. Ho sempre sognato di arrivare in alto, di giocare ad alti livelli. Giocare con loro è bellissimo. Champions? Dopo la partita con il Bayern mi sono reso conto di quanto siamo cresciuti. L’ho avvertito sia in campo che negli spogliatoi. Siamo cambiati molto, dall’inizio dell’anno. Ora siamo in semifinale, ma non ci sentiamo arrivati al traguardo. Ora tutto è possibile». 

JUVENTUS – «Sinceramente un po’ mi è dispiaciuto. La Juve mi ha dato tutto, sono cresciuto lì, senza la società non sarei dove sono ora. Ma poi ho capito che la vita di un calciatore è così e me ne sono fatto una ragione. Dovevo imboccare la mia strada, diventare uomo, era giusto così. La Juve mi resterà sempre nel cuore. Tornare? Questo non lo so. Ora mi godo le semifinali, poi vedremo. Se sapessimo cosa succede domani, saremmo tutti ricchi». 

TESTA CALDA – «Adesso sto crescendo. Mi piace vivere da ragazzo della mia età ma ora sono in squadra con persone più grandi, che hanno famiglia, ho il dovere di essere come loro.Il calcio mi ha aiutato a essere uomo, io sono andato via presto da casa e piano piano mi sono molto responsabilizzato». 

NAZIONALE – «È migliorata molto, abbiamo un’ottima squadra e penso che all’Europeo potremo fare molto bene. I giocatori sono forti, l’allenatore e lo staff di primissimo livello. Io sono fiducioso nel risultato finale». 

RICORDO ALLEGRI – «È un po’ particolare. A me piaceva molto. Magari scherzando ti stimola a lavorare di più. Lui ti fa una battuta, tu ridi. Poi ci ripensi e capisci che lui, facendoti sorridere, ti ha voluto dire qualcosa di importante, darti un consiglio, un insegnamento. È una bella cosa, mi ha aiutato molto. Senza di lui non sarei cresciuto». 

RAZZISMO – «Il razzismo è una brutta cosa, l’ho sentito, non solo in campo, anche quando ero piccolo. Bisogna combatterlo, con decisione. Non si può subire, non si può accettare. Quando sento parlare di razzismo divento triste. Mi sembra assurdo che si possa discriminare una persona per il colore della sua pelle».

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