Italia, parla Sconcerti: «Non è una Nazionale pensata per i centravanti»
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Italia, parla Sconcerti: «Non è una Nazionale pensata per i centravanti»

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Mario Sconcerti

Italia, parla Sconcerti: «Non è una Nazionale pensata per i centravanti». Le dichiarazioni del giornalista

Il giornalista Mario Sconcerti, sulle pagine del Corriere della Sera, ha analizzato il pareggio dell’Italia contro l’Inghilterra sollevando un importante problema della Nazionale di Roberto Mancini.

L’ANALISI – «Ancora una buona giovane Italia, soprattutto nel primo tempo. Difficile giudicare, la qualità è stata incompleta, ma l’avversario era quasi il migliore. Personalmente mi aspettavo meno dall’Italia in queste partite di mare aperto con equipaggio così giovane. È mancato Scamacca e questo deve sollevare un argomento: non è un’Italia pensata per i centravanti. Non possono fallire tutti. C’è un problema superiore che è simile a quello degli inglesi dove Abraham è stato pochissimo in partita.

Il problema è nel gioco, Inghilterra e Italia amano calcio di qualità che parte da lontano. Questo porta a finire l’azione continuando a scambiarsi il pallone, non c’è sfogo per il centravanti. Scamacca, come Belotti, come tante volte Immobile, non ha colpe specifiche se non quella di non aver risolto da solo la partita. Cosa molto casuale. Ma palloni per lui non ce ne sono stati. Scamacca non è un fuoriclasse, ma è uno che può essere presente in partita, cosa stavolta non vista. Non è un caso se l’unico centravanti possibile in campo resta Kane, cioè un giocatore universale, non un attaccante fisso. Un errore è stato togliere presto Pellegrini, l’ultimo numero 10 che abbiamo.

Insistente ma vago Frattesi che è ottimo quando ha schemi in cui può portare disordine. È stato ottimo però il primo tempo quando avevamo 5 centrocampisti di buona qualità (Pessina-Frattesi- Pellegrini-Tonali-Locatelli) con cui giocare un calcio rapido molto adatto a un avversario abituato a comandare. Era un contropiede da metà campo che ha mostrato un futuro. Alla fine il risultato è buono, le speranze di un nuovo inizio restano. Anche un anno fa pareggiammo in fondo con l’Inghilterra. Resta questo vuoto incolmabile verso cui stiamo andando, questo grande teatro che non c’è e lascia una scuola di buoni attori davanti a un sipario che non si alza. Più che una squadra, che ricomincia a esistere, manca uno scopo. Il calcio non ha mai tempo, noi restiamo gli unici condannati a guardarci».

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