HANNO DETTO
Canovi: «Zaniolo? Quando ho preso Nesta…»
A parlare dei temi della Serie A a Maracanà, nel pomeriggio di TMW Radio, è stato il procuratore Dario Canovi
A parlare dei temi della Serie A a Maracanà, nel pomeriggio di TMW Radio, è stato il procuratore Dario Canovi:
«I grandi campioni non sono mai stati presuntuosi. Ne ho assistiti parecchi, anche in altri sport, un grande campione è sempre umile, pur conoscendo il suo valore. Quando uno lo reputa maggiore di quello che è commette un errore di presunzione. A Zaniolo va addossata la responsabilità di essere presuntuoso, di pensare di essere un campione quando non lo è ancora. Lo diventerà magari, non si può andare a dichiarare a un allenatore che non vuole partire per una partita e che non è a disposizione. Così ti metti in un angolino da solo da cui non esci. Benissimo ha fatto la Roma ad escluderlo dal progetto. Magari tra un mese, con le acque più calme, potrà tornare ad allenarsi. Questo certificato mi sembra un’altra presa in giro. Si danno certe cose ha chi ha malattie serie, non ha chi non ha voglia di allenarsi. Vigorelli è un agente serio, magari non lo ha ascoltato Zaniolo. Di sicuro il clan di Zaniolo non lo ha aiutato a scegliere bene. Ho preso Nesta che aveva 17 anni e mi ricordo che venne al mio studio per chiedermi di essere un mio assistito. E mi disse che non c’era bisogno che ci fossero i genitori, perchè condividevano la sua scelta e che poi la carriera era sua. Capii così che era maturo. Di sicuro Zaniolo è stato aiutato dalla famiglia, ma non è più un ragazzino. All’estero alla sua età sono già affermati e con tante partite alle spalle. Quando pensiamo che un giocatore debba diventare maturo? A 23 anni? Invece dipende ancora dalla famiglia. Zaniolo a 19 anni ha cambiato tre procuratori in un anno, anche questo è un indizio. E anche in questo c’è l’intervento della famiglia. La famiglia è responsabile ma soprattutto Zaniolo. Se a 23 anni non usa da solo la sua testa, capisci perché ancora non è diventato un campione. Mourinho? Ha voluto proteggere la società, se diceva che voleva venderlo poteva tirarsi addosso le critiche che voleva fare cassa con un giovane di prospettiva. Mou ha messo una pietra tombale sulla possibilità di rimanere alla Roma, ma dall’altra parte sapeva che la responsabilità era del calciatore e non della società»