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Kjaer a Milan TV: «È il momento giusto per lasciare il Milan, qui ho realizzato un sogno. Ecco quale sarà il mio futuro»
Simon Kjaer, difensore del Milan, interviene a Milan TV svelando il suo futuro. Queste le sue dichiarazioni
Simon Kjaer è intervenuto alle 15 in un’intervista su Milan TV, annunciando l’addio ai rossoneri. Milannews24 ha seguito LIVE le sue parole.
CHE EMOZIONI PROVA – «Positive e negative, ma sono un paio di mesi in cui ho avuto la sensazione che la fine era adesso e c’è una nuova avventura ora».
LA FINE E’ ARRIVATA AL MOMENTO GIUSTO – «Sì. Nel mio percorso di 4 anni sono arrivato ad un buon punto e potevo dare di più ma è il momento giusto».
DOVE GIOCHERA‘ – «Il mio futuro è in tre parti: ho una settimana per essere disponibile per l’ultima partita a San Siro. Poi c’è un’avventura con la Danimarca e poi devo trovare la società in cui continuare a giocare a calcio, insieme alla mia famiglia».
EMOZIONI PER LA NUOVA AVVENTURA – «Paura zero. Penso che ho provato così tanto nella mia carriera, ho esperienza per capire che la paura non ti dà niente. Ho grande curiosità e grande voglia di avere un impatto su un gruppo così come ho fatto qui».
ANNI AL MILAN – «Come ho detto tante volte, sono venuto in Italia quando avevo 19 anni al Palermo. Lì ho subito detto al mio procuratore: “Voglio andare al Milan”. C’è voluto un po’ di tempo, però alla fine sono venuto qua e questa è la mia società, il mio luogo e sarà sempre così. Quando sono arrivato qua il Milan era in un periodo molto difficile per tanti anni. Paolo e Ricky mi hanno portato qua per dare un impatto soprattutto ai giovani, dare continuità e far crescere il gruppo. Penso che il mio lavoro l’ho fatto».
SI ASPETTAVA QUESTO IMPATTO AL MILAN – «Dipende sempre dal gruppo. Anche Zlatan è arrivato con me, quindi non ho mai avuto bisogno di urlare. Io potevo lavorare di più su ogni persona, fargli vedere che bisognava arrivare presto per lavorare e andare via tardi. Quando sono arrivato 2 o 3 erano in palestra, ora tutti. È stato un percorso, ora non c’è nessuno che si rilassa».
FAR CRESCERE IL GRUPPO – «La qualità non basta. Per far crescere la squadra bisogna soffrire, avere la giusta mentalità e lavorare. Così puoi far crescere il gruppo. Nel mondo del calcio comanda la mentalità, perché tutti sanno giocare a calcio. In quei 4 anni pochi in Europa han fatto quello che abbiamo fatto noi».
COSA INTRAVEDEVA NEL GRUPPO ALL’INIZIO – «Qualità, altrimenti non puoi parlare di Scudetto. Anche i milanisti veri non avrebbero pensato a quello Scudetto».
INFORTUNIO NELL’ANNO DELLO SCUDETTO – «Se io potessi cambiare una cosa cambierei l’infortunio, anche se mi ha fatto crescere tantissimo. Tu devi sfruttare i momenti. Per me è stato più facile trovare la gioia pura del mio lavoro, ma anche a casa con i figli e mia moglie. Ero consapevole di cosa facevo prima, ma adesso è forse il doppio. Se tu facevi 10 inizi a fare 9,8,7 ma devi capire dove hai perso il 10%. Se metti tutto questo insieme diventa tanto e la squadra comunque può crescere ancora di più».
APPOGGIO DELLA MOGLIE E DELLA FAMIGLIA – «È stato fondamentale. Se tu non stai bene a casa non stai bene fuori casa. Milano è anche casa per i miei figli, forse parlano meglio l’italiano che il danese. Milano è diventata casa».
CON QUALE CARATTERISTICA VUOLE ESSERE RICORDATO – «Come un difensore che ha lasciato un impatto ai ragazzi. La grinta, queste cose. È una parte di me che porterò sempre, anche quando non giocherò più a calcio».
NOMINATO TRA I 30 FINALISTI DEL PALLONE D’ORO – «Il percorso che ho avuto col Milan è stato il sogno della mia carriera. Avere la possibilità a 32 anni di andare al Pallone d’Oro con la maglia del Milan. Avrei messo la firma a 18 anni».
COS’HA IL MILAN DI SPECIALE – «Sicuramente la storia. Quando ero un ragazzo il top era il Milan. Anche Maldini ha avuto un impatto su quello perché era il difensore più forte al mondo. Quando tu segui un difensore segui questo tipo di difensori».
RICORDATO PER IL LATO UMANO – «È la cosa più importante, sono contento e orgoglioso».
COSA SIGNIFICA ESSERE SQUADRA – «Tutto. Parte tutto da là, hai bisogno di tutti per farlo. Non puoi fare una squadra se 5 persone non ti seguono, non diventa una squadra. Se sei in difficoltà il gruppo può aiutarti. Per la prima volta in carriera ho avuto la sensazione di avere un gruppo come in Nazionale».
METTERCI LA FACCIA NELLE DIFFICOLTA‘ – «Ci sono momenti di gioia e dove prendi gli schiaffi. Non ho mai avuto bisogno di andare a parlare nei momenti belli. So che quando arrivo a casa i miei figli, mia moglie e i miei genitori mi fanno i complimenti. Ci sono altri momenti in cui mi viene più naturale prendere schiaffi su di me. Ma quando senti un messaggio così da tante persone mi conferma che è la cosa giusta».
COMPAGNI IN DIFESA – «Sono sempre stato disponibile con loro. La base, che tu giochi con Kalulu, Tomori, Gabbia e Thiaw, deve essere uguale. Sono pronti ad andare avanti da soli, hanno tantissima qualità. Fik ha più esperienza ora e deve fare quel salto. Ha tutte le possibilità per diventare uno dei difensori più forti al mondo. Gli altri hanno le stesse possibilità ma serve più tempo che sono più giovani».
RAPPORTO COI TIFOSI – «Mi sta a cuore. Mi ha sorpreso, l’anno scorso e quest’anno, come si son comportati con noi. Non me l’aspettavo».
MESSAGGIO FINALE – «Grazie a tutti. Il percorso che ho avuto qua è un orgoglio, un sogno che mi ha portato gioia, soddisfazione in carriera e nella vita. Quando smetterò di giocare a calcio, tornerò a Milano a vivere con la mia famiglia perché Milano è casa nostra».