Sacchi CONSIGLIA: «L'unica strada è investire sui settori giovanili»
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Sacchi CONSIGLIA il calcio italiano: «L’unica strada è investire sui settori giovanili, quando io ero responsabile…»

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L’ex allenatore del Milan, Arrigo Sacchi, si sofferma sulla mancanza di giovani talenti in Italia e sui problemi del sistema

Intervenuto sulle colonne della Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi pone l’attenzione sui problemi del calcio italiano che non riesce più a “sfornare” talenti, come invece succede all’estero. Questo il pensiero dell’ex allenatore del Milan e il suo ricordo do quando era il responsabile delle giovanili in Italia.

MANCHESTER CITY E REAL MADRID – «La notizia è che Manchester City, una delle società più ricche del mondo, sta puntando sui giovani e sta trattando quelli che ritiene i migliori sul mercato, evitando calciatori costosi e già fermati. Un po’ come fece il Real Madrid quando investì su Guler ed Endrick. È chiaro il progetto di questi club: vogliono portarsi avanti con il lavoro e anticipare la concorrenza. Immaginate quali benefici possono trarre Miles, Barrett e McAidoo, i tre giovani che il City potrebbe chiudere a breve, quando si allenano assieme ad Haaland o a Rodri, sotto la guida di un maestro come Guardiola».

I PROBLEMI IN ITALIA – «In Italia purtroppo i club non sono così lungimiranti. Qui da noi si va ancora a caccia del nome per impressionare il pubblico, non abbiamo l’umiltà di vedere che cosa stanno facendo all’estero. Non c’è nulla di male a copiare una buona idea che arriva da oltre frontiera. Sarebbe un più che gradito atto di umiltà, perché significherebbe che finalmente i nostri dirigenti hanno capito i loro errori e stanno cercando di correggersi».

INVESTIRE SUI SETTORI GIOVANILI – «Se vogliamo essere competitivi nel futuro dobbiamo investire adesso sui settori giovanili. È l’unico percorso possibile. E dobbiamo dare spazio alle nazionali: da noi le società fanno fatica a darti un ragazzo per uno stage di tre giorni, all’estero e la norma».

L’ANEDDOTO – «Ero il responsabile delle giovanili dell’Italia, convoco un ragazzo e il club cui apparteneva non volle darmelo perché la domenica doveva andare in panchina in una gara di campionato di pochissima importanza. Mi domando se quel ragazzo abbia imparato di più a stare seduto in panchina e a guardare gli altri giocare oppure avrebbe acquisito maggiore esperienza e conoscenza se avesse risposto alla convocazione con l’Italia».

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