2014

Abate: il pioniere del rinnovamento

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Quella appena trascorsa è stata una settimana da dimenticare. Un pareggio a Cagliari ed una sconfitta a San Siro con una neo promossa (Palermo), entrambe condite da prestazioni pietose. Ai margini di questa situazione non da Milan, continuano i proclami della società. Dopo le auto-lusinghe di Inzaghi sulla posizione in classifica e le parole al miele del presidente Berlusconi, arriva “l’obiettivo Champions League” celato dalla dichiarazione di Galliani:” Abbiamo stabilito un premio per il raggiungimento del terzo posto”. E’ inutile girarci intorno, le entrate dalla partecipazione all’ex coppa dei campioni sono essenziali per la società (e non dimentichiamo che la finale si disputerà a Milano). Eppure lo spettacolo offerto dal Milan ultimamente è ben lontano da quello che ci si aspetterebbe da una squadra che punta alla parte più alta della classifica. Scemato l’entusiasmo iniziale, stanno venendo a galla i veri limiti della rosa: mancanza di qualità a centrocampo, assenza di una fase offensiva programmata e continui cambi di modulo che rendono l’equilibrio, il Sacro Graal rossonero. Sperando di non fare la fine di Lancillotto.

Sono anni ormai che la società per vari motivi non può spendere e non spende. Si fa cassa quando si può, si acquistano giovani (che non si riescono a far crescere) e “parametri zero” più o meno funzionali, non facendo cambiare però gli obiettivi stagionali rispetto alle annate precedenti. In sintesi, ci indeboliamo ma vogliamo lo stesso la luna. Le dichiarazioni rilasciate infatti non combaciano con la realtà dei fatti. O meglio, piuttosto che parlare di ridimensionamento, gli intervistati sviano. Si parte dalle più diplomatiche “non si può spendere più come una volta” oppure “in Italia le tasse non permettono big” (ma Juve, Roma e Inter?), passando per i vari “mister X” che a fine Agosto risultano piuttosto deludenti, finendo con l’intramontabile e odiato ritornello “siamo il club più titolato del mondo”. Giusto o sbagliata che sia questa condotta societaria, ufficialmente, mai nessuno ha parlato giustappunto di ridimensionamento. Fino a ieri sera.

Ai margini della sconfitta con il Palermo, dopo la critica mossa alla squadra sul non aver saputo mantenere il possesso palla in seguito all’estenuante pressing rosanero, Ignazio Abate, ai microfoni di Sport Mediaset, ha così risposto: “Non dobbiamo pensare al Milan di dieci anni fa, questo è un altro Milan. Abbiamo determinate caratteristiche e dobbiamo correre per novanta minuti perché non abbiamo le qualità di qualche anno fa”. Se a questa uniamo anche: “Dobbiamo giocare come una provinciale” e “Quando dobbiamo fare noi la partita abbiamo difficoltà per le caratteristiche del gruppo”, abbiamo finalmente il quadro di questo Milan in via ufficiale. Alleluya. Dopo anni di dichiarazioni, il terzino italiano, toglie delicatamente il lenzuolo d’ipocrisia adagiato sul letto rossonero. E i tifosi apprezzano. Basterebbero, infatti, due fattori per riempire (almeno in parte) San Siro e riportare molti sostenitori al vero tifo: la consapevolezza e un progetto. La consapevolezza ufficiale e annunciata che questa squadra non possa più ambire al protagonismo europeo, la consapevolezza che questo “siamo il club più titolato del mondo” non possa sostituire la carenza di una campagna acquisti mirata, la consapevolezza che senza un progetto non si vada da nessuna parte. E con progetto, va benissimo che non siano giovani e va benissimo che siano a parametro zero ma evitiamo gli Essien, i Torres con stipendi pesanti o i rinnovi alla Robinho. Perché “Milan” nel mondo del calcio si scriverà sempre con la lettera maiuscola, perché sarà sempre la squadra che ha vinto tutto e che ha dato la “casacca” alla maggior parte dei migliori calciatori della storia. Ma ora non più. Non servono proclami inutili né acquisti di ex calciatori dal nome altisonante per mantenere in vita una parvenza di team d’élite. E in un periodo storico in cui non si parla chiaro, la verità non potrebbe che migliorare il feeling con i tifosi e la credibilità agli occhi dell’ Europa che conta. La storia a questa squadra non manca, la storia l’ha scritta e ora serve la forza di fare due passi indietro per farne tre in avanti. Ed il primo l’ha fatto Abate.

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