HANNO DETTO
Adli: «Il mio amore per il Milan è sincero e spontaneo». Poi fa una promessa ai tifosi
Adli: «Il mio amore per il Milan è sincero e spontaneo». Poi fa una promessa ai tifosi: le sue parole a SportWeek
Yacine Adli è intervenuto ai microfoni di SportWeek. Di seguito le parole del centrocampista rossonero.
RISALITA – «Penso che viviamo in un mondo fake: mostriamo di noi quello che la gente si aspetta di vedere o a cui piace credere. Ma chi mi conosce sa che io mi mostro per come sono. Non faccio nulla allo scopo di compiacere gli altri. L’uomo che vedi nello spogliatoio è lo stesso che salta e canta sotto la curva dopo una vittoria. Questo amore per il Milan è sincero, ed è esploso in me in maniera spontanea, non lo controllo. E, quando amo, do tutto. Quando sento 80mila tifosi che cantano, mi vengono i brividi e mi sento uno di loro. E, nel periodo in cui non giocavo, mi faceva sentire vivo comportarmi da tifoso»
CORO TIFOSI – «Il coro dei tifosi che mi piace di più? Bandito e Forza Diavolo alè. Quando lo stadio ha urlato il mio nome dopo il primo gol con la maglia del Milan contro la Roma mi sono venuti i brividi, quasi le lacrime. Dopo tutto quello che ho passato, è stato un momento speciale»
NUOVO ADLI – «Anche quando non giocavo non ho mai dubitato di me stesso. Me ne sarei andato. Ma la qualità che mettevo ogni giorno nel lavoro mi faceva essere fiducioso. Sapevo che mi mancava ancora qualcosa, ma sapevo anche che quel qualcosa stava arrivando. Ho cercato di lavorare forte, di non perdere tempo e guardare avanti. Cosa mi mancava? Un po’ di adattamento, tattico e fisico, al vostro calcio. Non sono uno che guarda molto i dati della partita, ma questi adesso dicono che sono migliorato tanto, specialmente in fase difensiva. E, visto che sono ancora giovane, sono sicuro che continuerò a migliorare. In quel periodo tutti i miei compagni mi sono stati vicini, e non è per essere banale. Mi sento vicino a Bennacer, che ha origini algerine come le mie, o a Theo, Giroud e Maignan, francesi come me, ma davvero non faccio distinzioni. E poi, i compagni non avevano motivo di preoccuparsi: mai una volta mi sono presentato a Milanello con la faccia delusa di quello che non gioca»
CARATTERISTICHE – «Sono un giocatore atipico: posso fare il vertice basso, il trequartista, ho giocato da esterno sinistro e falso nove. Posso piacere o no: non ho le gambe forti di uno che ti fa uno scatto di 40 metri e lascia dietro l’avversario, ma capisco i tempi di gioco, ‘vedo’ passaggi che non tutti vedono. Sono come un giocatore di scacchi che muove i pezzi giusti al momento giusto per ‘ammazzare’ l’avversario. Sono cose di cui non sempre chi guarda si accorge e per questo non potrò mai piacere a tutti. Sarò sempre Yacine Adli, con le sue caratteristiche. E queste caratteristiche possono fare la differenza»
PASSIONI – «La passione per il piano me l’ha trasmessa mia sorella, che faceva lezioni in casa. Bella Ciao l’ho imparata guardando La Casa di Carta. Ma il mio strumento resta il violino. Se lo suono ancora? No, ho perso la mano. Poi con due bambini, un maschio di tre e una femmina di un anno e mezzo, diventa difficile. Però non è detto che ricominci, prima o poi. Altre passioni? Gioco online a scacchi con un paio di compagni, Pulisic soprattutto. Lui è più forte di me. Poi leggo veramente tanto, anche testi religiosi. Per me la scienza è infinita, quindi c’è sempre da imparare da tutti: dai libri e dalle persone che incontriamo. E, poiché a me piace imparare, ho sempre gli occhi aperti e le orecchie pronte ad ascoltare»
COMPAGNI – «Il compagno che mi ha sorpreso? Gabbia. L’anno scorso giocava pochissimo, pur sempre più di me (ride), ma non ha mollato. Poi è andato al Villarreal ed è tornato con tanta fiducia in più. Quello più divertente? Florenzi. Prima, ridevo tanto con Sandro Tonali. Con loro parlo di tutto, e soprattutto parlo con tutti. Preferisco parlare di vita, delle difficoltà che incontriamo, delle prove cui ci sottopone. Cerco di dare il buon esempio e buoni consigli. È importante relativizzare: abbiamo la fortuna di aver trasformato una passione in lavoro, quindi dobbiamo essere pazienti quando le cose non vanno bene e guardare non quelli che stanno meglio, ma chi sta sotto di noi. È così che impariamo ad accontentarci di ciò che abbiamo»
INFANZIA – «Papà ha scelto Yacine perché così si chiama uno scrittore, Kateb Yacine appunto, algerino di etnia berbera come i miei genitori. È stato un simbolo della resistenza algerina contro la dittatura. Mio padre è arrivato in Francia a 9 anni. Quando mamma ne aveva 18, è tornato in Algeria e l’ha portata con sé. Vengono dalla stessa piccola città. C’è una storia che si racconta sul loro incontro: una donna importante di questa città, legata alle famiglie di origine dei miei, previde che mio padre, una volta adulto, avrebbe sposato mia madre. E così è stato. Mia madre Ouiza è speciale perchè è una persona semplice. Ha preso molto da suo padre, un agricoltore che per me ha rappresentato un esempio: spendeva tutto il suo tempo per aiutare gli altri. Dava denaro a chi non ne aveva, senza aspettarsi nulla in cambio. La mia famiglia è stata ispirata dalla sua generosità»
FAMIGLIA – «Mio papà non lavora più. Lo ha fatto per tutta la vita, fin da piccolo e, quando ho cominciato a guadagnare col calcio, gli ho detto: adesso basta, riposa. Sono orgoglioso di avergli dato la possibilità di smettere. Ha fatto mille mestieri, soprattutto il venditore, girando per tutta la Francia. Fratelli o sorelle? Una sorella e un fratello più grandi. Mi hanno sempre protetto e dato buoni consigli. Li chiamo ogni giorno»
L’IDOLO DI PAPÀ – «Se seguivo il Milan da ragazzo? No, perché nel mio Paese non si vede tanto la Serie A. Era mio padre, che guardava il Milan. Il suo idolo era Van Basten»