2015

Allegri: dal fallimento Milan alla finale di Champions League

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Tra poco più di due settimane, in quel di Berlino, si disputerà la tanto attesa finale di Champions League, il traguardo più ambito di ogni calciatore, i novanta minuti più attesi da ogni amante del calcio. Il match vedrà contrapposte due compagini europee, la Juventus di Max Allegri ed il Barcellona di Luis Enrique. Esattamente, quel Massimiliano Allegri esonerato dal Milan tra i fischi di San Siro e le frecciate di Berlusconi. Ma come sia possibile che, nel giro di un anno, un allenatore che subiva quattro goal dalla neopromossa Sassuolo, arrivi a contendersi la Champions League dopo aver sconfitto in semifinale il Real Madrid? Come sia possibile che l’allenatore “non adatto ad una big” (cit.), vinca Campionato e Coppa Italia alla prima stagione in bianconero? I miracoli sono attimi e questa costanza di risultati, di bel gioco, di vittorie non può rientrare in questa “celeste” categoria. Dunque, come mai in rossonero Massimiliano Allegri è stato metaforicamente crocefisso? Ecco di chi sono le colpe:

 

  • Il primo grave errore: alla sua seconda stagione in rossonero, cedette alle pressioni societarie e schierò nella semifinale di ritorno contro la Juventus (Coppa Italia), un ancora non recuperato Thiago Silva che subì una ricaduta e finì la stagione in infermeria. Non avere a disposizione una pedina fondamentale per la doppia sfida con il Barcellona e il rush finale per lo Scudetto, ha contribuito al doppio fallimento.
  • Ibrahimovic: è sicuramente una delle prime punte più forti al mondo ma la sua gestione non è semplice né dal punto di vista tattico né da quello disciplinare. Per far rendere al massimo lo svedese, infatti, il gioco deve essere su di lui incentrato e questo comporta una prevedibilità maggiore, una manovra noiosa ed un modulo costruito ad hoc. Inoltre, la compresenza di più caratteri forti e dell’autorità della vecchia guardia ha creato problemi all’interno dello spogliatoio (oltre i calci a Strasser e la rissa con Onyewu).
  • Rosa ridimensionata: alla terza stagione sulla panchina del Milan, il tecnico livornese ha subìto il ridimensionamento della rosa, con cessioni illustri mai rimpiazzate (Ibra e T.Silva su tutte).
  • L’addio dei senatori: lavorare a fianco di grandi campioni sulla via del ritiro non è semplice, soprattutto in assenza di un progetto futuro. E affrontare una nuova stagione senza calciatori del calibro di Gattuso, Zambrotta, Seedorf e Inzaghi (e dopo la cessione di Pirlo), equivale a non avere una base da cui ripartire.
  • Acquisti inadeguati: il cosiddetto anno 0, quello sui cui costruire le fondamenta del futuro, ha visto gli approdi in squadra d Zaccardo, Traore, Costant, Acerbi e Bojan.
  • Le frecciate del presidente: un Berlusconi deluso dai risultati della squadra, non ha mai perso occasione di denigrare l’allenatore pubblicamente, una su tutte con quel “No el capisse un c…”
  • L’involuzione di Robinho: dopo una stagione al top, il brasiliano affetto da Saudade, pecca troppo spesso di freddezza sotto porta, lasciando sul campo punti importanti.
  • Tevez-Pato: con il “Papero” non è mai sbocciato il giusto feeling, vuoi per scelte tecniche, vuoi per gli infortuni del brasiliano, ma l’operazione che prevedeva lo scambio con l’argentino, avrebbe favorito la permanenza sulla panchina rossonera. E le attuali prestazioni di Tevez sotto la gestione Allegri ne sono la prova.

 

Al momento Massimiliano Allegri gode di un’ottima rosa, una società solida, un progetto valido, ha la fiducia del presidente e dei tifosi. Le prestazioni della squadra e le vittorie ne sono la prova. Dunque, con il senno del poi e con una semplice comparazione, di chi sono le colpe di quegli anni “bui” al Milan?.

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