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Baresi spiega: «Non vado a Milanello per un motivo, a Leao e Theo Hernandez direi una cosa precisa». Poi esalta Berlusconi

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Baresi, storico capitano del Milan, ha parlato di Leao e Theo Hernandez e della sua carriera in rossonero: le dichiarazioni

Intervistato da Sportweek, Franco Baresi, leggenda del Milan, ha dichiarato:

PAROLE – «Perchè non vado a Milanello per trasmettere ancora i valori che ha incarnato da capitano? Perché non è il mio ruolo. Non è compito mio. Ma questa estate, in tournée, ho conosciuto Fonseca, sono stato coi giocatori, e ho constatato che nei miei confronti c’è sempre un grande rispetto da parte di tutti. I calciatori di questo Milan sanno chi sono e cosa ho fatto nel Milan. Conoscono la storia, e questo è importante. A Leao gli direi che è fortunato a essere quello che è. E di non dimenticarlo. E a Theo lo stesso. Ma credo che lo sappiano, e sappiano di essere in un grande club. Da ragazzino ho avuto maestri come Annovazzi, Galbiati, Zagatti. Poi, per 15 anni su 20, in prima squadra Liedholm, Sacchi e Capello. Liedholm era unico: ironico, grande personalità, ti lasciava lo spazio giusto perché tu potessi lavorare sereno. Mi fece esordire a Verona nel ’78 dicendomi: “vai e gioca come sai”. Voleva significare che avrei dovuto giocare com’ero abituato nelle Giovanili, ma non era esattamente la stessa cosa… Il Milan di Sacchi era giovane, curioso e spregiudicato, e lui riuscì a coinvolgerci nella sua idea di calcio. Tutti noi avevamo vinto poco o nulla, quindi eravamo disponibili a imparare qualcosa di nuovo. Il primo allenamento fu subito molto intenso: alla fine eravamo stanchi e consapevoli che qualcosa stava cambiando, ma in meglio. Capello trovò invece una squadra matura, fu più gestore che rivoluzionario. Berlusconi? Fu il vero innovatore. Non dimenticherò mai gli elicotteri all’Arena, nel luglio dell’86. Lui era appena diventato presidente e voleva dare una scossa, un segnale forte non solo all’ambiente Milan, ma a quello di tutto il calcio italiano».

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