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2015

Berlusconi racconta il suo Milan e afferma: “Lascerò solo quando…”

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Come scritto nella sua nuova Biografia, anticipata oggi da La Gazzetta dello Sport, Silvio Berlusconi ha così voluto dedicare diversi paragrafi al suo amato Milan. Eccone alcuni:

Lo stile Milan è un comportamento sempre corretto, in campo e fuori dal campo – spiega Berlusconi – Significa essere leali nei confronti degli avversari, evitare reazioni eccessive e mantenere la calma qualunque cosa succeda. E significa anche un certo modo di presentarsi. Oggi, per esempio, ci sono giocatori coperti di tatuaggi o con strane pettinature.
Ai miei tempi, mi spiace usare quest’espressione, io controllavo perfino il nodo della cravatta, prima che un calciatore si presentasse a fare una dichiarazione in tv. Dei vecchi giocatori di quando ho cominciato la mia missione nel Milan io ho soprattutto nel cuore Maldini e Baresi. Si vede che sono di un’altra generazione. La verità è che non sopporto proprio i tatuaggi, i piercing, le capigliature stravaganti. Mi piacerebbe che il mio Milan tornasse all’eleganza e allo stile che hanno sempre fatto parte della sua storia“.

Sulla scelta dei propri collaboratori:

Non si tratta di una strategia o di una particolare visione del gioco, la scelta dei collaboratori è una cosa che deve puntare sull’uomo che, prima ancora della sua visione del gioco, sappia guidare i giocatori facendosi stimare. Se ingaggi un allenatore maturo, potrai contare sul vantaggio dell’esperienza. Ma un giovane avrà più fame di vittorie, più entusiasmo, e sarà più aperto ai consigli e ai suggerimenti dei dirigenti del club“.

Sul primo “Atterraggio” a Milanello:

Io ero un uomo di spettacolo, di televisione. Quindi pensai che ci volesse qualcosa di insolito, di clamoroso, qualcosa che facesse notizia, qualcosa di diverso. Quando decisi di presentare la squadra all’Arena di Milano, mi venne in mente quella scena di Apocalypse Now in cui gli elicotteri piombano dall’alto. Così ci venne l’idea di far uscire i calciatori, elegantissimi nella loro nuova divisa, dagli elicotteri, salutando la folla, mentre io avrei fatto un discorso sull’orgoglio che provavo“.

Sulle grandi vittorie in Champions:

Quella di Barcellona fu la prima vittoria internazionale del mio Milan – ricorda Berlusconi – Giocammo una partita straordinaria, e in quel momento il Milan sembrava proprio la più forte squadra del mondo, con un gioco praticamente perfetto. Quella sera lo stadio era meraviglioso, e fu stupendo quando alla fine i tifosi sugli spalti accesero tutti insieme migliaia e migliaia di luci: fu un paradiso di stelle che durò per tutta la notte.
Quando arrivammo in albergo, io addirittura mi affacciai al balcone per fare un discorso. Mi sembrava di essere un novello Mussolini perché i tifosi del Milan mi vollero a forza sul balcone per celebrare la vittoria. Comunque fu la mia prima vittoria in Coppa dei campioni, ed è rimasta non solo nel mio cuore, ma nel cuore di tutti gli innamorati del Milan“.

Sull’accusa di aver, a volte, dettato la formazione ai propri tecnici: 

“No. Ne ho suggerito una? Certo. Molto spesso. Discuto sempre con i miei allenatori, parliamo della formazione e di ciascun calciatore prima di ogni partita. Certe volte non sono d’accordo con l’allenatore, e in questi casi vince sempre lui. Così non ho mai abusato della mia posizione di proprietario e presidente del club. Non ho mai tentato di essere superiore al coach. Dopo tutto, è lui il responsabile dei risultati della squadra. Con Sacchi, per esempio, abbiamo inventato la formula di un Milan che avrebbe sempre comandato il gioco, abbiamo inventato una squadra che si sarebbe sempre divertita a giocare, che avrebbe rispettato gli avversari e per questo sarebbe stata applaudita dai suoi tifosi. Ecco, credo che adesso questo concetto sia ormai un elemento fondamentale del Dna del Milan”.

Su un suo addio al Milan in futuro:

“Quando nel 1986 mi proposero di comprare il Milan, pensai subito a mio padre, e mi decisi. Comprai il Milan anche per questo. E lo lascerò solo quando avrò vinto ancora”. 

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