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Bonaventura: “Ecco cosa ci manca per essere una squadra vincente”
Intervistato da La Gazzetta dello Sport, Giacomo Bonaventura ha così parlato del suo soprannome:
“Perchè Jack? A Bergamo mi chiamavano così ma non c’è un motivo specifico e a parte Poli nessuno mi ha mai chiamato Giacomo”.
Sulla chiamata del Milan:
“Al Direttore ho detto ‘è uno scherzo, vero? Non era uno scherzo. Dopo le 6, quando saltò la trattativa con l’Inter, pensavo di restare per un altro anno all’Atalanta, alle 9 mi telefona Marino e mi dice che Galliani ci aspetta a casa Milan e pensavo m prendesse in giro. Le mie lacrime? Più che commozione era stress, si è molto romanzato su questo. Tardi in una big? Ognuno è quello che desidera di esserlo, basta volerlo. Poteva succedere prima ma magari non sarei stato pronto a livello di esperienza e furbizia. Se fai un errore al Milan c’è qualcuno che ci mette una pezza, se sbagli all’Atalanta prendi gol: almeno sono arrivato qui molto ‘allenato’, ecco”.
Su cosa manca a questo Milan:
“Un po’ di leggerezza nello spogliatoio. Sono stati due gli allenatori chiave per la costruzione della mia personalità: Francesco Rocca e Colantuono, che mi rimproverava fino alle lacrime e mi teneva fuori apposta per vedere come reagivo. Quando smetterò di giocare, vorrei essere tranquillo com’era Del Piero il giorno dell’ultima partita con la Juve nel suo stadio, è stato il mio idolo sin da bambino e io nel giorno del suo addio ero in campo e gli ho stretto la mano. Futuro? Fare l’allenatore di sicuro non è una storia tranquilla, eppure mi intriga”.