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Borini: «Vivo all’Inglese, al Milan è come ricominciare»
Nell’undicesimo numero della rivista Forza Milan! Il calciatore intervistato è stato Fabio Borini, ecco le sue dichiarazioni
Intervistato da Forza Milan!, Fabio Borini, neo-attaccante rossonero ha così raccontato la propria esperienza del ritorno in Italia con la famiglia: «Quando non mi viene detto grazie o per favore è come se mancasse una parte della frase, però mia moglie l’ho già avvisata: abituati, ti sembreranno maleducati ma non è maleducazione, è che gli italiani sono fatti così!»
Sul momento in cui ha capito che il calciatore sarebbe stata la sua professione: «Quando sono andato al Chelsea, perché ho dovuto lasciare la famiglia e gli studi. La scuola che frequentavo non esisteva in Inghilterra, per cui non potevo continuare e abbandonandola ho capito che la mia vita cambiava».
Sulle difficoltà iniziali: «Dopo tre mesi ho avuto la crisi che mi avevano anticipato i dirigenti del Chelsea. Avevo la malinconia, la nostalgia di casa aveva preso il sopravvento. Ma i miei genitori mi hanno spinto a continuare ed è stata la scelta giusta»
Sulle abitudini britanniche: «Si, vivo da inglese! Mia moglie è inglese e in casa parliamo la sua lingua, anche quando sono fuori mi viene da parlare più in inglese. Nei modi di fare loro sono più cortesi, c’è sempre il grazie e il per favore in ogni frase».
Sul ritorno in Italia: «Molto positivo sul piano professionale. Al Milan c’è tanta attenzione a quello che si fa, si coprono molti aspetti oltre a quello calcistico. Per me è stato come ricominciare: nuova società, nuove idee, un cambiamento di abitudini che richiederà un po’ di tempo ma cercherò di imparare velocemente».
Sul calcio italiano: «In Italia ho giocato troppo poco, mi è difficile esprimere un giudizio. In questi anni il ritmo del calcio inglese si è alzato molto e adesso, tornato indietro, ho l’impressione che in Italia si giochi un calcio più ragionato. Dovrò adattarmi anche a quello».
Sulla rabbia agonistica: «Il fuoco sacro di cui parli è nato al Chelsea, durante un periodo un po’ difficile. Ero sotto contratto, ma ero finito ai margini della squadra. Da lì è iniziata l’esultanza simulando un coltello tra i denti, per dimostrare alla società che comunque non avrei mai mollato».
Su lavori alternativi a quello di calciatore: «Sarei tornato a scuola, l’indirizzo che avevo scelto era quello giusto. Col tempo ho capito che il mondo immobiliare e l’architettura mi piacciono molto, ho acquistato alcune proprietà che ho arredato personalmente. Se dovessi immaginarmi un’altra vita, sceglierei quel settore».
Su cosa porterebbe su un’isola deserta, oltre alla moglie: «Un pallone, la nonna e gli gnocchi dolci che prepara».