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Brocchi Milan, che sfogo dell’ex rossonero: «Mai stato il ‘lecchino’ di Berlusconi!»

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Brocchi Milan, le dichiarazioni dell’ex giocatore e allenatore rossonero non passano inosservate: le ultimissime notizie

Christian Brocchi, in una intervista a Radio Serie A, ha parlato del suo rapporto con Silvio Berlusconi ai tempi del Milan, sia come calciatore che poi come allenatore. Di seguito le sue parole, in particolare sull’accusa di essere stato il ‘lecchino’ del presidente.

CARRIERA DA CALCIATORE – «Quell’esperienza mi ha segnato in maniera profonda. Da giocatore ho avuto la fortuna di far sempre la scelta giusta. Avevo davanti dei mostri sacri al Milan, ma mi ritagliavo sempre un mio spazio. A volte anche oggi mi fa male quando qualche tifoso milanista sminuisce quegli anni là in cui non ero un titolare inamovibile, tranne due anni in cui ho giocato praticamente sempre. Per il resto ero il primo cambio, ma avevo davanti Gattuso, Pirlo, Seedorf. Io penso che molti giocatori Nazionali se avessero giocato nel Milan con questi mostri sacri non avrebbero trovato molto spazio. E io invece mi sono ritagliato il mio spazio, ho avuto la fortuna di giocare tante partite importanti, quarti di finale di Champions, semifinali di Champions, dando anche un supporto importante».

ALLENATORE – «Da allenatore è stato un percorso completamente diverso. Sono stato lanciato subito dopo 3 anni di settore giovanile ben fatti, mandato in prima squadra negli ultimi due mesi e mezzo con il Milan ed è stato un momento difficile, perché fino alla sera prima eri un grande allenatore, un prossimo allenatore, uno che aveva delle belle idee, un predestinato. E dalla sera alla mattina mi sono ritrovato sulla panchina del Milan, in un momento di grande difficoltà. Ma non mi faceva paura quell’aspetto. La cosa che mi ha fatto male e che ancora oggi non mi spiego, è quel termine “lecchino” che mi hanno appiccicato come un’etichetta. Non sono mai stato né il lecchino né il cocchino del Presidente Berlusconi. Sono stato una persona che lui ha stimato per le mie modalità di lavoro, per il modo in cui proponevo calcio o mi sapevo comportare. Penso che gli uomini di grande potere non regalino posizioni importanti per simpatia, anzi. Anche perché in tanti avevano costruito un certo tipo di rapporto con Berlusconi, ma non io. Io non ero uno che lo chiamava, che cercava di fargli il lavaggio del cervello. Lui mi aveva seguito e mi aveva scelto come allenatore. Però io penso che ci siano stati degli altri miei compagni con lo stesso percorso. Ma loro hanno avuto contratti, due anni, tre anni. Io sono arrivato al Milan per gli ultimi due mesi e mezzo a scadenza di contratto. Se fossi stato il suo cocchino o altro probabilmente già in quelle circostanze avrei fatto qualcosa di diverso. Era solo stima da parte sua, fine. Ancora oggi c’è gente che mi etichetta così. Questa cosa ha condizionato la mia carriera».

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