HANNO DETTO
Capello racconta Ibra: «Addio emozionante, il rapporto con lui..»
Fabio Capello intervistato da Sky Sport ha detto la sua sull’addio di Ibrahimovic al Milan svelando il suo rapporto con lo svedese
Fabio Capello intervistato da Sky Sport ha detto la sua sull’addio di Ibrahimovic al Milan svelando il suo rapporto con lo svedese:
«Io allenavo la Roma e ogni anno, dopo la preparazione, facevamo una settimana a Berlino. Franco Baldini mi aveva parlato di questo giocatore, Ibrahimovic dell’Ajax, di cui tutti parlavano bene dicendo però che avesse una testa un po’ particolare. Giocammo la partita contro l’Ajax e lui nella prima parte della gara non c’era. Io non rientrai negli spogliatoi e rimasi fuori a guardare il riscaldamento. Vidi che tecnicamente era bravissimo, faceva di tutto con la palla, poi fece due o tre cose durante la partita che mi impressionarono. Per uno grande e potente come lui, avere questa facilità di palleggio, questa tecnica e questi movimenti mi rimasero impressi. Quando andai alla Juventus dovevamo cercare un sostituto di Trezeguet, uno che potesse fare qualcosa di importante qualora Trezeguet si infortunasse, così io chiesi di prendere un giovane, Ibrahimovic. Fu un acquisto incredibile da parte della Juventus, lo seppi dopo: lo pagarono 16 milioni con pagamento quadriennale, evidentemente all’Ajax ci credevano ma non troppo proprio per la personalità che ha sempre dimostrato, per quel modo di fare che qualche volta lo faceva sembrare arrogante. Invece quando arrivò alla Juventus capì di essere entrato in una grande squadra, con grandi giocatori, e siccome orgogliosamente voleva essere sempre il primo, si impegnò per esserlo e per poter mettermi in difficoltà nelle scelte»
CRESCITA «È stata una parte difficile però lui capì immediatamente che aveva bisogno di migliorarsi. Probabilmente nella squadra in cui aveva giocato fino a quel momento poteva fare quello che voleva ed esprimersi come voleva. Per lui esprimersi voleva dire fare dei giochini, divertirsi, non pensare alla vittoria o al gol. Significava divertimento puro. E allora io cercai di fargli capire che il fatto che lui fosse bravo a fare i giochini o le giocate non importava alla squadra. Che al pubblico piacciono, ma che non hanno alcun senso e che non portano a nessun risultato. Così gli dissi che uno grande come lui, tecnicamente così valido, non poteva non fare un numero importante di gol e non essere determinante in area di rigore. Questo lo ha capito molto bene, tanto che dopo alcuni insegnamenti insieme a Galbiati, quasi con degli esercizi da Primavera o da scuola calcio avanzata su cosa dovesse fare e come dovesse calciare o saltare, lui cercò di fare tutto ciò che dicevamo. La cosa bella di questi talenti è che imparano molto velocente e migliorano immediatamente. Step by step, ha iniziato ad essere il giocatore che poi è stato»
PARAGONE CON VAN BASTEN – «Feci preparare delle cassette di Van Basten – ha svelato – perché vedevo in lui delle potenzialità. Quando vedi delle potenzialità, devi stimolare in qualche modo il giocatore e devi fargli capire che quello che gli dici non è un capriccio dell’allenatore. Poteva essere quello che è stato Van Basten o perlomeno poteva avvicinarsi a lui. Allora gli ho fatto vedere i movimenti che faceva Marco in area di rigore. Una volta venne nel mio ufficio a Torino, presi le cassette e gli dissi: ‘Ora stai qui a guardare’. Lui rimase circa mezz’ora. Ora non ha più bisogno di guardarle, forse qualcun altro dovrebbe guardare le sue di cassette. Anzi, queste cassette andrebbero fatte e, visto che c’è un talento importante come Leao, bisognerebbe dirgli: ‘Guarda come ci si muove in area di rigore»
UOMO VERO – «Se dovessi descrivere Ibra in un libro, intitolerei il suo capitolo ‘Un uomo’. Un uomo vero, duro, sensibile, perché abbiamo visto che lo è, e rispettoso. Lui ha sempre dato tanto, ci è rimasto male con coloro che non lo hanno capito o non lo hanno voluto, e faccio il nome di Guardiola perché lo ha detto anche lui che non si sono capiti, però era uno con cui potevi parlare o ragionare. Io ho un bellissimo rapporto con Ibra, gli ho mandato un messaggio subito dopo aver sentito del suo addio al calcio e lui mi ha risposto immediatamente. Direi che ci sono due addii importanti: quello di Van Basten e quello di Ibrahimovic. Due ai quali, in una certa maniera, mi sono sempre sentito molto legato. Hanno fatto una cosa unica: mi ricordo l’emozione di Van Basten durante il suo giro di campo e penso all’emozione che ha trasmesso ieri Ibrahimovic. Si è dimostrato leader anche con il microfono, ha detto poche parole ma di un certo peso, così come quando è andato a Sanremo. Per lui essere leader è naturale, non ha difficoltà in nessun momento»