2015

Caro Inzaghi, fatti un favore, dimettiti

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Più che un editoriale, lo definirei un “soliloquio del tifoso rossonero”, poche parole che racchiudono un tripudio di emozioni e speranze. Dopo tutte le gioie che hai regalato a noi supporters con il “diavolo nel cuore”, vederti su quella panchina, oppresso e senza idee, è un colpo all’anima. Non è giusto che il peso di questi colori ricada solo su di te, parafulmine di una società senza progetti e venditrice abusiva di speranze. Tra mille ricordi, non potrò mai dimenticare quel senso della posizione irreprensibile, quel “killer instinct” da numero 9 ormai estinto, quei 126 goal in 300 presenze, quell’intramontabile “oi oi oi Pippo Inzaghi segna per noi”. Più banalmente te, caro mister, un lustro della storia rossonera. Ed è questa l’immagine che voglio trasmettere ai miei nipoti, ai quali narrerò le tue battaglie con gli occhi lucidi, segno di un tempo che ormai non ci sarà più. Niente facce tristi, invecchiamento precoce da stress o fischi assordanti di un pubblico frustrato. Per questo ti chiedo, in nome del ricordo e appellandomi al tuo orgoglio di lasciare Milanello a testa alta, con lo sguardo fiero di chi ha dato tutto e ha perso. Ma adesso. Perché come scrive W.B. Yeats in un verso di una celebre poesia, “un troppo lungo sacrificio può far pietra del cuore”. E non voglio sia così. Non voglio tu sia stereotipato come l’allenatore succube della società e dei suoi assurdi diktat, del raccomandato senza carattere o del responsabile di questo fallimento. Accogli il grido silenzioso degli ultimi coraggiosi che assistono a certi scempi sportivi, non meritevoli di essere sviluppati all’interno della “Scala del calcio” né in un qualsiasi altro panorama calcistico di prima fascia. Vai contro corrente, lascia spazio a chi è più esperto di te, sii coraggioso, fai esperienza altrove. E un giorno, ne sono sicuro, torneremo a percorrere il lungo sentiero rossonero per mano. Ma al momento, è necessario calpestarci le ombre. Vai, finchè sei in tempo, e lasciami solo il ricordo delle tue esultanze sotto la curva con la promessa che non sarà un addio. Arrivederci Super Pippo.

 

(L’unico ricordo indelebile deve essere questo)

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