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Conferenza stampa Mourinho: «Io esempio di professionalità. Milan? Gioca per lo scudetto»

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Conferenza stampa Mourinho: «Io esempio di professionalità. Milan? Gioca per lo scudetto». Le parole del portoghese

José Mourinho è intervenuto in conferenza stampa alla vigilia della sfida tra Milan e Roma. Le sue dichiarazioni.

PROFESSIONALITÀ – «Sono qui da due anni e cinque mesi e sono l’unica persona in questo team che non ha perso una sola sessione di allenamento. Per me non esistono malattie, malumori. Per due anni e mezzo non ho sbagliato niente, neanche un paio di settimane fa quando tutti erano malati. Mesi fa avevo bisogno di un giorno per una situazione che non devo spiegare. L’ho detto al direttore Pinto e alla proprietà e abbiamo definito che il giorno dopo il derby sarebbe stato un buon giorno. Sono stato fuori di Roma per 15 ore. Mi sembra ridicolo giustificare questo. Non accetto in alcun modo che la mia professionalità e dignità, il mio cuore per questo lavoro venga messa in discussione. Se c’è un esempio perfetto di professionalità sono io. Non ho mai perso una gara in oltre 20 anni di carriera. Un allenamento di recupero per chi ha giocato e per sei giocatori che non avevano giocato»

RIPARTIRE – «La partita è finita e abbiamo perso. Abbiamo fatto alcune cose buone, altre non bene. Le abbiamo analizzate tutte per migliorare nelle nostre limitazioni. Ora pensiamo alla prossima gara, quella di mercoledì è finita»

MILAN – «Affrontiamo una squadra che gioca per il titolo, che lo ha vinto due anni fa. Ovviamente sembra che la distanza di punti tra loro e Juventus e Inter sia una distanza non facile da colmare, ma è quella squadra lì, che ha perso qualche giocatore importante per infortunio nella zona difensiva, in centrocampo e in attacco sono lì, dietro ha perso 2-3 giocatori ma ne ha presi 2 per cercare di trovare la soluzione, ha preso Terracciano, ha preso di nuovo Gabbia. È una squadra che sicuramente vuole vincere dopo la sconfitta in Coppa, che per loro era un target. Metteranno tutto su questa partita, conoscono le nostre difficoltà, sembra che le sappiano tutti».

DIFFICOLTÀ – «Magari non le sa qualche giornalista o qualche commentatore, tutti sanno le nostre difficoltà. Ho parlato con qualche giocatore dell’atteggiamento e non ho nessun tipo di problema perché ho grande rispetto e lealtà nel confronto con loro, non c’è niente che qualche persona possa o vorrebbe dire ai miei giocatori che non ho detto. Per me è una cosa molto molto chiara, è la differenza tra le difficoltà e un’altra cosa è utilizzare le difficoltà che sono vere come un modo per giustificare qualcosa che possiamo fare di più. Su questo non mi risparmio, mi risparmio davanti a voi, so come funziona nel calcio, so perfettamente che alla fine se un giocatore sbaglia la direzione è sempre una, il risultato globale, la responsabilità è dell’allenatore. Dal punto di vista del mio rapporto con i giocatori non risparmio nulla, poi migliore è il rapporto, più è facile non risparmiare nulla. Ieri la riunione è stata dura, specialmente per qualche individuo. Collettivamente e difensivamente la squadra è stata perfetta, subisce un gol come lo ha subìto, che inizia con una rimessa laterale nostra, non siamo neanche capaci di fare una rimessa laterale positiva e l’abbiamo trasformata in un angolo. E dopo un rigore di un bambino di 18 anni con 55 minuti di Serie A, io non ho mai detto che non era rigore, ho detto che è un rigore dei tempi moderni e che i tempi moderni nell’arbitraggio sono inferiori per protezione del gioco rispetto a 20 anni fa. Nella riunione di ieri non ho risparmiato niente, poi c’è stato l’allenamento con 6 giocatori. Poi è difficile lavorare in campo e cercare di migliorare le cose, il messaggio è rimasto lì, c’è gente che obbligatoriamente dal punto di vista individuale deve dare di più»

SOCIETÀ IN SILENZIO – «Io sono anche la società. Non sono un’alta carica, sono un allenatore ma sono la società. Mentre sono qui mi considero società, considero che le mie parole sono parole che la gente fuori vuole sentire, voglio essere sempre leale, corretto nel mio confronto con la società. Non è solo un dovere, è il mio modo di essere e in questo momento penso che le mie parole siano molto obiettive. Non so quanti derby ho giocato, 200, 150, sono state partite speciali, ho vinto, pareggiato, perso, sempre con un modo diverso di viverla. Ho sempre capito che per un tifoso del Chelsea giocare contro l’Arsenal non è la stessa cosa che giocare contro il Manchester City, che per un interista giocare contro la Juventus non è come giocare contro la Roma, ho capito cosa significa un derby. Il derby che abbiamo vinto è un derby pesante, ci sono derby con vittorie e sconfitte e derby con umiliazioni, il derby che abbiamo vinto è stata un’umiliazione, i derby che abbiamo perso li abbiamo persi per un dettaglio, per un errore che fosse arbitrale o personale, l’abbiamo fatto con la dignità di chi dà tutto, siamo usciti con la testa pulita, dando tutto nelle difficoltà. Abbiamo perso in 10 per 60′ dando tutto fino all’ultimo secondo, anche col feeling che qualche giocatore doveva dare di più abbiamo finito la partita con due grandissime opportunità per pareggiare. L’orgoglio di essere romanista e l’orgoglio di lavorare per i romanisti è presente qui dentro, ma è in campo che devi mettere negli occhi della gente questo atteggiamento extra che va contro tutto e tutti. Capisco che la gente non sia contenta per qualche situazione che per me è fuori dal contesto, ma che alla fine non è. Perché non è uno sport individuale, è uno sport collettivo in cui la differenza di atteggiamento di uno influenza gli altri. La responsabilità è mia, è individuale dei giocatori, è la situazione che abbiamo che non ci permette di escludere qualcuno, se escludo qualcuno non so se domani vado con 15 o 16 giocatori. È una situazione multifattoriale che per me è difficile da far uscire da questi tanti fattori. Sempre per correttezza, quando parlo qui dentro penso sempre che rimanga qui dentro, a volte esce e non è vero quello che esce e a volte esce ed è vero, ma quando parlo penso sempre di parlare internamente con giocatori e staff. A volte parlo anche di me stesso, per chiedere ai giocatori di fare meglio, devo mettermi anche io in una posizione in cui possono dire lo stesso di me stesso e io stesso dall’alto della mia esperienza posso fare autocritica. Io ieri ho detto una cosa obiettiva, che potevo fare meglio in alcune partite. Ho identificato una partita in cui non ero contento con me stesso. Quando vado a partite in cui la mia sensazione è che ho il 100% di consapevolezza che il mio lavoro è fatto bene, mi sento tradito da situazioni individuali che puniscono la squadra. Questo periodo è molto molto difficile, noi abbiamo avuto due periodi difficili: le prime tre partite di campionato con 1 punto, giocatori non disponibili e infortunati, in questo momento abbiamo 4 punti di differenza dalla Champions e lì ne abbiamo persi 8 in cui non c’era la squadra per giocare, poi c’è questo periodo con tanti scontri diretti con un gruppo molto ridotto di giocatori. Se qualcuno non vuole intepretare questo come difficoltà vera non è giusto. La critica va bene, ma dimenticare la difficoltà del nostro momento è pazzesca. La partita che abbiamo vinto contro la Cremonese, come l’abbiamo vinta? Quali rischi abbiamo preso? Come ha finito la linea difensiva? Gioca Kristensen che è un terzino, gioca Mancini che non si allena da un mese, gioca Huijsen con 10 minuti di Serie A, Llorente magari può giocare ma è in dubbio, Mancini gioca al centro perché non ci sono altri. Se la gente vuole ignorare questa situazione non è giusto. È qui che devo difendere il gruppo, inclusa la gente che non è al livello atteso di prestazioni individuali. È un gruppo di gente che lavora, soffre quando il risultato non è quello atteso. Abbiamo perso il derby, abbiamo un campionato da giocare, siamo a quattro punti da un target che se non fossimo noi direbbero che è impossibile. Il potenziale delle squadre da top 4 non è paragonabile con noi. I tifosi della Roma sono i più incredibili che abbia mai visto, l’allenatore si chiama José Harry Mourinho Potter e alza le aspettative, stiamo lottando qualcosa che è molto difficile e nessuno ci dirà che non possiamo lottare. Col Milan saremo là, mi dispiacerà non essere in panchina, sarò in tribuna, in un habitat dove non sono benvenuto, ma sarò lì a cercare di fare il mio lavoro nel modo in cui posso farlo. Andiamo là con tutto quello che abbiamo e con la certezza che i ragazzi daranno tutto, perché anche loro soffrono quando il risultato non è positivo»

DYBALA CI SARA? – «Penso di no»

SENZA DYBALA – «Trovare le soluzioni per giocare senza Dybala non è la stessa cosa trovare la soluzione per giocare senza Haaland per Guardiola, perché lui ha Alvarez. Se per Pochettino non gioca Sterling, gioca Mudryk, per Klopp se non gioca Diaz gioca Jota e se non gioca lui gioca Nunez, non è la stessa cosa. La Roma vive una situazione dal punto di vista del settlement agreement per cui ha delle grandi limitazioni e questo si vede in campo, durante la stagione quando succede qualche tipo di problema non c’è modo di nasconderlo. La Roma ha fatto uno sforzo economico per avere Smalling, non ha Smalling e non può averne un altro. La Roma ha fatto uno sforzo economico per avere Renato Sanches e non c’è e non possiamo avere due Renato Sanches perché i paletti non ti permettono di avere un altro giocatore della stessa posizione che sia disponibile. Dybala è un giocatore veramente speciale, che negli ultimi anni ha giocato in una squadra con altri giocatori speciali. Quando non giocava lui giocava un altro, a volte stava in panchina e a volte entrava, non abbiamo un altro con le sue caratteristiche. La partita contro la Fiorentina sembrava da 3-0 dopo 20 minuti, quando è andato via abbiamo perso quella connessione lì, che non fanno ne Belotti, né El Shaarawy, né Joao Costa, che sarà convocato domani. Se qualcuno non vuole capire che la Roma senza Paulo Dybala è una Roma diversa non posso dire molto di più».

CAMBI – «Se mi chiedi se la squadra sarà la stessa, non è la stessa. Paulo non gioca titolare. Farò qualche cambio, sicuramente, ma qui non esiste l’intenzione né di punire, né di far prendere attenzione su un determinato singolo. C’è da costruire un puzzle sia dal punto di vista tattico che mentale che ci possa permettere di competere là. La squadra più tattica è quella con meno capacità a livello tecnico, quando il livello tattico è altissimo lavori su princìpi che permettano ai giocatori in campo di esprimere il loro potenziale. Noi ci fondiamo sull’organizzazione di gioco e sul dettaglio, siamo una squadra che va su una strada molto ben definita, che sono i princìpi su cui lavoriamo in campo. Siamo pochissimi, eravamo pochi, Azmoun è fuori, Paulo è fuori e sono due in meno. Sono qui con voi perché non ci sarò dopo la partita, durante la prossima settimana non ci sono partite e non sarò con voi, sarò qui per rispondere a qualche domanda, se c’è bisogno di qualcuno che possa dare qualche tipo di spiegazione sono io, che ogni tanto devo essere in conferenza stampa per questioni regolamentari»

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