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Costacurta: «Milan, errori guaribili ma una cosa è grave. Rijkaard…»

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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, Alessandro Costacurta ha portato alla luce i ricordi della finale di Vienna commentando anche il Milan attuale

A Vienna dopo 27 anni dal successo e 22 dalla caduta. Il Milan vinse nel ‘lontano’ 1990 la quarta Coppa dei Campioni della sua storia battendo in finale il Benfica mentre nel 1995 ci fu la sconfitta in finale contro l’Ajax di Rijkaard. Il nuovo corso rossonero in Europa riparte dal Prater – ora l’impianto si chiama Ernst Happel Stadion – e Billy Costacurta lo preannuncia così:

«Questa per il Milan è una rinascita, una ripartenza. La via per iniziare a riavvicinarsi a quella squadra, a quell’Olimpo che per tanti anni è stato la normalità. E’ ancora più bello ricominciare da qui e l’Europa è il palcoscenico migliore per scrollarsi di dosso la Lazio».

Partiamo dalle cose belle: la finale del ‘90. Che clima c’era al Prater?
«Magnifico, grande tensione ed entusiasmo e l’impianto era bellissimo. Decisamente più avanti del Camp Nou: spogliatoi fantastici, campo stupendo, tutto nuovo ed elegante. Al Camp Nou sentivi l’odore di umidità, mentre il Prater è un salotto che amo, e che ricalca la città: eleganza non ostentata ma visibile».

Finì 1-0 con gol di Rijkaard, però nella memoria dei tifosi è una coppa meno sentita di altre.
«E’ vero, e vale anche per noi giocatori. Io per esempio metto sul podio il 4-0 con la Steaua e la vittoria sulla Juve. Perché? Semplice, giocammo male e arrivavamo da un campionato in cui era molto forte la delusione per uno scudetto buttato via. Contro il Benfica meritammo, ma non giocammo da Milan. Con la meravigliosa sfida dell’anno prima a Barcellona contro la Steaua il confronto è impietoso, a livello emotivo e di gioco. Era un Milan solido, ma con giocatori inconsapevolmente un po’ svuotati, sfilacciati».

Era in ballottaggio con Filippo Galli: giocò lei e prese 7 in pagella.
«In realtà ero abbastanza sicuro che avrei giocato io (ride, ndr)… No, la verità è che ringrazierò Filippo per tutta la vita, perché per me è sempre stato uno stimolo e un esempio. Vorrei anche ricordare che quell’anno facemmo il triplete: Coppa Campioni, Intercontinentale e Supercoppa Europea. In quei casi ti senti invincibile».

E’ corretto dire che nel ‘95 l’Ajax chiuse un’era milanista?
«Sì, loro erano più forti e avevano un’organizzazione tutta nuova. Giù il cappello. Per noi si stava chiudendo un ciclo, ma allo stesso tempo ne stavamo aprendo un altro».

Nel ‘90 segnò Rijkaard, nel ‘95 fu lui a innescare il gol di Kluivert: una storia particolare.
«A fine partita, una scena incredibile: mentre tutto l’Ajax ovviamente festeggiava, lui era da noi per consolarci. Ci abbracciava uno a uno e io gli dissi “Frank vai a fare festa coi tuoi”, perché lui era dispiaciuto per noi e noi per lui».

Ora il Milan ha altri problemi…
«Quando Montella parla di distrazioni esterne, ha ragione. A livello tecnico vedo errori guaribili. La cosa più grave semmai è la mancanza di reazione dopo i gol. A me Montella piace perché ha un calcio propositivo. Ora passerà alla difesa a tre, ma non credo che la chiave di volta sia quella: serve più attenzione di squadra e sui dettagli, deve lavorare sulla mentalità. Comunque ben vengano gli schiaffi presi forti e subito: così i giocatori abbassano le ali e si concentrano sulle cose reali».

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