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Di Francesco al Milan: ecco perché alla fine sarà così

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Di solito li si definisce indizi; nella storia tra Di Francesco e il Milan ce n’è già una dose buona per parlare di affare in dirittura. Chiaro, la stagione in corso obbliga le parti in causa ad attendere la chiusura delle ostilità per scucire le bocche, tanto più che Sassuolo e rossoneri sono in lizza per un (teorico) posto in Europa League. Parrebbe tuttavia impresa troppo ardua riuscire a tenere al riparo da occhi (e penne) indiscreti, le opinioni dei tanti addetti ai lavori, neanche a dirlo, schierati con l’approdo di Di Francesco al Milan.

È quasi superfluo risottolineare come il tecnico del Sassuolo abbia tutte le carte in ordine per ereditare il timone di Mihajlovic, a cominciare dalla filosofia calcistica di stampo zemaniano comprovata dalle recenti tre stagioni neroverdi, dove lo spregiudicato 4-3-3 ha lasciato ben pochi spazi ad altre congetture tattiche. Un credo, quello del calcio d’attacco, da sempre sostenuto dal patròn Silvio Berlusconi, nonostante poi all’atto pratico nelle ultime stagioni tale sequenza numerica non abbia portato molta fortuna al Diavolo. Inutile nascondere che il presidente si troverebbe molto più in sintonia con Di Francesco di quanto non lo sia stato fin qui con Mihajlovic. Resta il fatto che pure un tecnico ambizioso come l’ex giallorosso dovrà fare i conti con una rosa che, a meno di clamorose novità di carattere societario, non disterà molto dal livello qualitativo delle ultime imbastite dalla squadra di mercato rossonera. Proprio su questo fronte non va tralasciato l’asse preferenziale che si costruirebbe tra Milano e Sassuolo, con una serie di giocatori neroverdi, (Berardi in cima all’elenco), che diventerebbero di estrema attualità in ottica Milan. E sull’approdo di Di Francesco alla guida del Diavolo non è escluso possa risultare parte attiva nella vicenda, la fede del numero emiliano, Giorgio Squinzi, rossonero dichiarato.

La figura dell’allenatore in rampa di decollo affascina l’ambiente rossonero perchè rievoca, nel tifoso, quella di un totem del calcio mondiale come Arrigo Sacchi, lanciato da Berlusconi agli albori della carriera, e che guarda caso ha già speso il proprio voto per Di Francesco. Non da ultimo, va tenuta ben presente la volontà, espressa a suo tempo, e di tanto in tanto rispolverata dal cavaliere, in caso di mancata entrata di nuovi soci nel club: allestire l’Ital-Milan rimane l’obiettivo di Silvio. E allora quale miglior maestro di Di Francesco, dimostratosi abile ad amalgamare l’italianità dei prodotti acquistati, in varie campagne, dal ds Carnevali? Per l’ex centrocampista si prefigura la missione impegnativa, di esportare questa sua acclarata abilità dalla provincia alla grande piazza. Chi tenere infine dell’attuale organico milanista in funzione dell’arrivo di Di Francesco? Preso il 4-3-3 quale riferimento tattico, viene più rapido elencare chi, in quanto non sovrapponibile al modulo, può essere sacrificabile. L’occhio va subito al parco avanti, dove Balotelli e il Menez “formato post infortunio” sembrano c’entrare poco o niente con il dinamismo richiesto dallo schema. Con il resto si può pensare di lavorare.

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