Diavolo di cuore: la squadra è cresciuta insieme al suo allenatore
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Diavolo di cuore: la squadra è cresciuta insieme al suo allenatore

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Il Milan vince di rabbia, di cuore e di cattiveria agonistica. I rossoneri, falcidiati dalle assenze, sembrano più maturi, così come Pioli

Al termine dei due minuti di recupero, assegnati nel finale di primo tempo di Milan Verona, si alza Samu Castillejo. San Siro, già piuttosto a pezzi a causa di un prima frazione disastrosa dei rossoneri sotto anche di due reti, si dispera. C’è però un particolare di questa squadra che quasi nessuno considera: lo spogliatoio è una famiglia inseparabile, che va oltre il semplice rapporto di “compagni di squadra”, oltre l’essere “uniti per lo stesso obiettivo”, è qualcosa di più. Tutti faticano l’uno per l’altro, non c’è gelosia e invidia tra colleghi di reparto anzi, solo tanto sostegno. E così, il buon Samu entra in campo al posto di un deludente Saelemaekers; così come Krunic, un altro giocatore troppo spesso criticato eccessivamente, al posto di un Daniel Maldini che deve ancora crescere parecchio per giocare a certi livelli, ed ecco che la partita prende la piega che tutto il mondo rossonero si aspettava: i due, insieme a Leao, cambiano le sorti della partita, contribuendo fortemente alla rimonta e alla gioia finale di una gara vinta con i denti stretti, digrignati di fame, voglia di dimostrare e consapevolezza di chi bisogna essere.

L’esempio di Castillejo serve proprio a far capire quanto questo Milan sembra finalmente essere cresciuta talmente tanto da poter essere pronta a pensare in grande, cosa che forse è mancata nella pur sempre bellissima annata scorsa. I rossoneri ora hanno gioco (come l’anno scorso), identità (come l’anno scorso), gruppo (esattamente come l’anno scorso) ma hanno anche elementi fondamentali, che possono cambiare le  sorti di una partita. C’è un’aria diversa: la sensazione è che questa squadra sia convinta di poter fare risultato in ogni gara, e di risolvere rompicapi complicati, come quello di ieri, con una forza ed una determinazione che da troppo tempo non si vedeva dalle parti di Milanello.

In effetti, Pioli lo aveva detto quest’estate: «Siamo una squadra più matura, più consapevole e non più tanto giovane, visto che abbiamo un anno di esperienza in più». Parole che fecero storcere il naso a molti, pensando che in qualche modo il tecnico emiliano si fosse in qualche modo “montato” per i risultati ottenuti (dicerie provenienti dall’altra sponda del naviglio). La verità, invece, è che il Milan è cresciuto per davvero in esperienza, oltre agli aspetti tecnico-tattici, e che sia cresciuto anche lo stesso Pioli. Quest’ultimo viene troppo spesso criticato per partito preso, come se tutto questo non fosse nemmeno per sbaglio merito suo. Invece, l’allenatore parmigiano ha creato appartenenza alla maglia, al club e, insieme all’ausilio di un certo Zlatan Ibrahimovic e ad una dirigenza giovane, innovatrice e lungimirante, ha costruito un bellissimo edificio sulle ceneri di un monumento. La crescita di Pioli è evidente anche nella gara di ieri sera: ha letto la partita alla perfezione (che si era messa male), ha capito dove cambiare e ha portato a casa i tre punti. Difatti, una grossa pecca che si lamentava al tecnico milanista era proprio l’inabilità di capire le situazioni delle sfide.

Insomma, Pioli e il gruppo crescono. Milanello, nonostante le defezioni pesanti e sempre costanti, vive un’atmosfera magica, vista con invidia da molte persone, convinte che un lavoro di ormai due anni sia solamente un fuoco di paglia. Questo Milan è tutt’altro: è un’ondata di follia che, forse, sta portando via anni e anni di pura mediocrità.

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