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Dida e Serginho ricordano la finale di Manchester 2003

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La finale di Manchester 2003 rimarrà sempre nei ricordi dei rossoneri e del Milan e per questo Dida e Serginho hanno voluto ricordarla

Ecco le parole di Dida e Serginho attraverso l’app ufficiale del Milan nel format settimanale A Chat with the Legends in merito alla finale di Manchester 2003.

Dida – «Arrivare e giocare una finale è sogno che si ha sin da piccoli. In quel momento li tu entri in campo e provi ad assorbire tutto ciò che sta accendendo e si diventa ancora più forti. Bisogna avere gli “occhi” e la concentrazione giusta per affrontare una finale. Per una buona parte del match sono stato uno spettatore, però era una partita nervosa e fallosa e si sentiva anche dalla porta: un match non molto bello da vedere. Per i rigori ero sicuro di parare quello di Del Piero avendolo studiato però non è andata così. Con gli altri ho avuto un po’ di fortuna e ho cambiato idea su dove buttarmi all’ultimo. Dopo il rigore di Sheva sono esploso di gioia e l’ho abbracciato, siamo caduti e poi sono arrivati tutti gli altri compagni. È una sensazione che nessuno potrà mai capire se non sei lì dentro.»

Serginho – «La squadra era ben preparata e c’era una grande concentrazione sulla finale e sull’obiettivo. Mister Ancelotti è stato molto preciso nelle cose da dirci. Per noi brasiliani la finale è come una partita di calcio e siamo di norma più tranquilli. Vince quello che ha meno tensione e noi abbiamo sofferto poca pressione quel giorno perché eravamo una squadra preparata per la vittoria. Maldini? Si vedeva che era molto più attento a tutti i dettagli dentro lo spogliatoio e in campo. Aveva più tensione perché era il nostro leader però un leader silenzioso. In quella settima pre-finale nutriva maggior concentrazione per via anche della storia del club e della famiglia Maldini. Quando sollevò la coppa lasciò andare ogni tipo tensione ed emozione. Entrai al posto di Pirlo e il cambio è stato curioso, però è andata bene. Ero molto sicuro eventualmente di come avrei battuto il rigore visto che Pirlo non poteva più farlo. Per la lista dei rigoristi Ancelotti aveva già in mente 7-8 possibilità ed io ero il primo, però dopo gli eventuali cinque rigore ci sarebbe stata qualche difficoltà poiché qualcuno non se la sentiva. Il mio rigore non l’ho deciso durante la camminata dal centrocampo al dischetto ma già sapevo dove calciarlo. Li in mezzo al campo in attesa è stato un momento molto “pesante” però la nostra energia sicuramente andava in quelli che dovevano tirare o pararlo.»

 

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