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Emerson Royal a Milan TV: «Ho dovuto vincere nella vita e nel calcio, ricordo le emozioni di San Siro da avversario. Su Kakà e il numero di maglia…»

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Il nuovo terzino destro del Milan, Emerson Royal, si è presentato ai canali ufficiali del club rossonero: le sue prime parole

Intervenuto ai microfoni di Milan TV, Emerson Royal ha rilasciato le prime dichiarazioni da nuovo giocatore del Milan. Il terzino brasiliano si presenta così ai suoi nuovi tifosi.

IL TATUAGGIO “VINCERE O VINCERE” – «E’ una frase molto importante per me perché da bambino vivevo in una favela e pensavo sempre e solo a vincere. Dovevo vincere nella vita per aiutare la mia famiglia e soprattutto nel calcio. Quando gioco voglio vincere sempre, anche se si tratta di una partitella con gli amici. Ho fatto queste tatuaggio perché rappresenta ciò che sono io».

LA FAVELA – «Per me è tutto. Molti pensano che le favelas abbiano solo aspetti negativi, ma le cose negative possono essere trasformate in positive. A me è successo. Da bambino avevo poco, c’erano sempre della sparatorie dove vivevo io. Questo mi ha fatto maturare e voler portare via la mia famiglia. Sapevo giocare a calcio e dissi a mia madre che avrei giocato a calcio e le avrei cambiato la vita. La gente pensava che fosse impossibile. Ci sono persone che hanno dei preconcetti, visto che sei della favela pensano che non ce la puoi fare. Io ho sempre voluto vincere. Oggi non posso stare molto lì, la vita cambia, ma quando posso passo e cerco di aiutare i bambini e le fondazioni nella favela. Per loro è importante avere una persona come me che li aiuti».

A CHI HO PENSATO QUANDO HO FIRMATO PER IL MILAN? – «A mio figlio e a mia moglie. Mio figlio mi ha cambiato la vita e anche mia moglie fa sempre di tutto per stare vicino a me. Sono le due persone a cui penso di più. Ho anche mia madre e i miei fratelli, ma le più importanti sono mia moglie e mio figlio. Ho sempre sognato di essere padre, amo molto mio figlio, vorrei star sempre con lui. C’è una rapporto tra noi che non si può spiegare. Anche mia moglie mi dà molto amore e mi ha regalato mio figlio. Si chiama Claudio, mentre mia moglie Stella».

LE EMOZIONI DI SAN SIRO DA AVVERSARIO – «Quando entrai a San Siro provai una grande emozione perché è uno stadio bellissimo, pieno di tifosi. Prima della partita guardavo i tifosi e speravo un giorno di poter giocare per loro. Ora sono qui al Milan e voglio vivere di nuovo quell’atmosfera, ora però con la maglia rossonera. Sono qui per fare la differenza».

IL MIO SOPRANNOME? – «Royal e Black Panther (pantera nera, ndr)».

LA PASSIONE PER IL RAP – «So che Leao scrive canzoni e che gli piace cantare. Gli ho detto che dobbiamo comporre musica insieme. Mi sono innamorato della musica da bambino e ho iniziato a comporre pezzi di samba. Po ho iniziato a comporre brani rap, ho anche uno studio in casa a Londra. Lo farò anche qui a Milano».

SUL NUMERO 22 – «Il 22 è di Kakà. Indossare questo numero è una grandissima responsabilità. Ma io l’ho preso, voglio fare la storia come Kakà. Per noi brasiliani Kakà è un modello e quando ho saputo che indossava il 22 non ci ho pensato due volte e l’ho scelto perché voglio fare bene come lui».

GIOCARE NEL MILAN – «Per noi brasiliani il Milan è come se fosse una nostra squadra, una squadra brasiliana. Per questo ho sempre sognato di giocare qui. Come si possono dimenticare le magie di Ronaldinho, vedono molte partite del Milan perché amavo Ronaldinho. So che ai tifosi piacciono molto i brasiliani, il club somiglia molto ai club brasiliani, quindi ho tutta la fiducia della squadra e dei tifosi per fare bene il mio lavoro».

GRATITUDINE – «Per cosa mi sento grato? Per tutto. Da quando ho iniziato a giocare calcio, sono grato a Dio. Io credo molto in Dio e gli sono grato questa possibilità. A volte nella vita alcune cose ci fanno star male, a me è successo l’anno scorso per alcune situazioni e ora mi trovo ad indossare la maglia più gloriosa al mondo».

LA LINGUA ITALIANA – «Non parlo ancora italiano, per questo avere persone come Fonseca e Leao che parlano portoghese mi possono aiutare molto. Devo imparare l’italiano il prima possibile per parlare con i miei compagni. Io sono fatto così, mi piace parlare, fare battute, mi piace ballare e fare tante cose. E per farlo bene devo parlare l’italiano».

SULLA SERIE A – «Quando sono andato via dal Brasile per andare in Spagna ho trovato un calcio un po’ diverso. In Spagna il calcio è tecnico, in Inghilterra invece è più fisico. Ora arrivo in Italia dove il calcio è più tattico, credo che le cose che ho imparato nella mie esperienze in Brasile, Spagna e Inghilterra mi possono aiutare a fare bene qui. So che è un campionato difficile, ma vengo per lottare e cercare di vincere».

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