ESCLUSIVA MN24 - Ambrosini: «Ecco cosa mi aspetto da Bonera»
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ESCLUSIVA MN24 – Ambrosini: «Ecco cosa mi aspetto da Bonera»

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Massimo Ambrosini, che ringraziamo per la disponibilità, ha rilasciato un’intervista esclusiva ai microfoni della nostra redazione

Massimo Ambrosini, ex capitano del Milan, è intervenuto in esclusiva ai microfoni della nostra redazione per parlare dei rossoneri. I temi trattati riguardano sia l’attualità che il suo passato da calciatore. Ecco l’intervista completa di Milan News 24 ad Ambrosini.

Signor Ambrosini, grazie in anticipo per la disponibilità. Parto subito con il chiederle dove potrà arrivare secondo lei il Milan in questa stagione?

«Il Milan non si deve porre limiti perché la squadra è forte, è consapevole delle proprie qualità ed è coraggiosa. Devono continuare a giocare con entusiasmo e con coraggio senza porsi dei limiti».

Secondo lei, dato il buon inizio di stagione, chi ha più meriti fra la società, l’allenatore e i giocatori?

«Secondo me sarebbe ingeneroso dire qualcuno in più di altri. È il collettivo che sta facendo la differenza. Il Milan aveva problemi su tanti punti di vista, e ora che sembrano risolti, credo non ci sia una componente che prevalga sulle altre. Tutte le parti si sono impegnate al massimo. L’allenatore aveva i suoi problemi dato che i giocatori non rendevano, e in società c’era un po’ di confusione. Ora le cose stanno andando meglio rispetto a prima, perciò dico che ognuno ha fatto il suo per rimettere le cose a posto».

Come vede Napoli-Milan di domenica sera con Daniele Bonera in panchina?

«Vorrei vedere il Milan come i calciatori della Nazionale italiana che hanno fatto un figurone in 2 partite senza il proprio allenatore (Roberto Mancini infatti è in isolamento per il Covid). Riuscire a dimostrare il proprio valore anche senza il mister, si può. Auguro a Bonera di avere l’abilità per guidare la squadra e gli faccio un grande in bocca al lupo».

Lei lo conosce bene, che tipo è Bonera?

«È un ragazzo riflessivo, intelligente e di cultura. Secondo me Bonera è anche umile, e in questo anno e mezzo ha imparato tanto. Credo che arrivi pronto all’appuntamento, ma ovviamente se il Milan dovesse perdere, non sarà mica colpa sua».

Com’è Zlatan Ibrahimovic dentro e fuori dal campo, lei che lo ha avuto sia come avversario che come compagno?

«Ibrahimovic è uno spettacolo. Da avversario mi stimolava affrontarlo, mentre da compagno mi aiutava. È una persona di livello superiore che ha sempre voluto ambire al massimo senza mai nascondersi. Ha sempre cercato di trascinare gli altri a fare meglio».

Passando a lei invece, come mai non ha scelto di fare l’allenatore come hanno scelto diversi suoi ex compagni di squadra? 

«Perché non ho mai pensato di essere in grado di farlo a un livello eccelso. Mi era passato per la testa di farlo con i giovani, ma comunque mi avrebbe tolto il tempo che mi è mancato quando giocavo, cioè quello da dedicare alla mia famiglia».

Lei ha concluso la sua carriera da calciatore alla Fiorentina, sarebbe rimasto ancora al Milan un altro anno o due quando è andato via?

«Ogni tanto con il lavoro che faccio adesso vengo frainteso, e questo mi dispiace molto. Il Milan per me è stata la mia vita. Ricordo ancora la chiamata di Adriano Galliani in cui mi comunicò che non avrei più fatto parte della squadra: è stato come ricevere una telefonata da parte di qualcuno che mi comunicava la morte di qualcun altro. Lì per lì ho pensato di smettere, ho dovuto elaborare quello che per me è stato un lutto. Nella mia vita mai avrei pensato di fare qualcos’altro che non fosse finire la carriera al Milan. Non era nei miei piani. Poi ho scelto la Fiorentina per reazione a una decisione della società».

Che rapporti aveva con Silvio Berlusconi e Adriano Galliani?

«Il rapporto era buono con entrambi. Berlusconi, per tutto il mio periodo, era una figura che a tratti si è vista con continuità. Il nostro rapporto era con Galliani. Non ho molto da rimproverare alla società, perché mi rendo conto che quando sono andato via non era facile né il momento storico del Milan, e né la scelta. Col tempo, l’elaborazione della delusione, è stata abbondantemente superata. Ma è per questo che dico che a volte mi dispiace quando vengo frainteso. Quando si parla di Milan, io ho solo sentimenti di gratitudine e di stima».

Quale è stata la sua più grande gioia a livello calcistico? E invece quale partita vorrebbe rigiocare?

«La gioia più grande è quando ci siamo qualificati in finale dopo aver battuto l’Inter in semifinale di Champions League nel 2003. Ovviamente poi anche le due finali vinte contro Juventus e Liverpool, ma questo è scontato. La partita che vorrei rigiocare è la finale di Champions League del 2005 persa contro il Liverpool a Istanbul. Non giocai perché ero infortunato».

Il compagno di squadra più forte che ha mai avuto? E l’avversario più forte?

«Come compagno Paolo, Paolo Maldini. Come avversario invece Zinedine Zidane».

Ci racconta un aneddoto su Paolo Maldini?

«Sono convinto che il pressing che noi giocatori gli abbiamo fatto il penultimo anno, sia servito a fargli fare una stagione in più. Lui voleva smettere. Ci prendiamo un po’ il merito di averlo convinto a giocare un altro anno».

Ultimissima cosa signor Ambrosini, è un suo rimpianto non aver partecipato ai Mondiali di Germania nel 2006 che poi l’Italia vinse?

«Guarda, sono onesto, non ho mai avuto un rapporto così continuativo con la Nazionale da poter avere un rimpianto. Mi sentivo parte del gruppo, ma venni escluso all’ultimo perché ero infortunato. È chiaro che avrei voluto partecipare, ma non è un rimpianto enorme».

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