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Focus MN24 – Panchina Milan: Mihajlovic poteva andare fino in fondo
Con la sola uscita a Marassi come banco di valutazione, sarebbe ingiusto sparare sentenze definitive sulle modifiche tecnico-tattiche apportate da Cristian Brocchi, ad appena una settimana dal suo insediamento sulla panchina del Milan. Premessa questa doverosa, altrettanto quanto qualche semplice considerazione al riguardo.
PANCHINA MILAN: ESPERIMENTI GIÀ VISTI. La gran parte dei tifosi rossoneri ricorderà come la soluzione del trequartista, tanto cara al presidente, fosse stata adottata anche dal precedente allenatore in avvio di campionato. Una scelta che inizialmente fruttò per altro diversi punti, ma che alla lunga mise alla luce tutto il disagio di Bonaventura ad agire nella zona centrale. Per dire, ok al trasformismo, che non scada però nell’esagerazione. E qui qualcuno aprirebbe volentieri una parentesi sui vani assalti estivi ad Axel Witsel, ma il belga non vuole essere il fulcro del discorso. Ad un tratto il passaggio al 4-3-3, idea transitoria di Mihajlovic, varata più che altro per sopperire alla temporanea moria di punte centrali (in quel frangente erano out Menez, Balotelli e Niang). La vera svolta fu il 4-4-2, uno schema semplice da acquisire, il più adatto a far coesistere e rendere al meglio una rosa tecnicamente poco dotata, che ha consentito di conseguire nove risultati utili di fila, prima che la tegola Niang facesse perdere le coordinate agli altri dieci del congegno, che Mihajlovic aveva ormai battezzato come insostituibili.
Con Brocchi si è tornati all’antica. A Milanello da tempo si sente spesso parlare di minestre riscaldate, e in fondo questo revival tattico cos’altro sarebbe? In molti tifosi il sentore è che prima o poi qualcosa si rompa di nuovo, e scatenando che cosa stavolta? Non si sa, è il bello della giostra rossonera. Siamo alla quarta svolta tecnica degli ultimi tre anni, con l’organico che nel frattempo non è cambiato di una virgola quanto livello tecnico medio. Se non è tragicomico questo…