Guerra in Ucraina, De Zerbi: «Dicevano fosse una cosa mediatica, ora siamo bloccati» - Milan News 24
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Guerra in Ucraina, De Zerbi: «Dicevano fosse una cosa mediatica, ora siamo bloccati»

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L’allenatore italiano De Zerbi, bloccato a Kiev, ha parlato della guerra in Ucraina

HOTEL – «Siamo in contatto continuo con l’ambasciata italiana a Kiev. Ci hanno consigliato di restare fermi in hotel a Kiev per diversi motivi. La strada che porta ai confini è bloccata, si fanno code chilometriche. Si parla di 70 km di coda. Le scorte di benzina sono insufficienti, come quelle di cibo. Anche mettersi in viaggio è una questione di sopravvivenza. Uscire dall’hotel sarebbe molto pericoloso».

BOMBE – «Mercoledì notte abbiamo sentito cadere le bombe, ma anche stanotte. Ci tranquillizzano dicendo che ai civili non succede niente. O meglio, che ai civili stranieri non dovrebbe succedere niente. Ma nessuno si è mai trovato in questa situazione. Siamo rimasti solo noi in hotel, io e i giocatori brasiliani. Non c’è nessuno del club. Io mi attacco ai valori che mi ha dato mio padre, quindi sto con i ragazzi più giovani per far vedere che ci siamo. Per me è una cosa giusta. Non so se questo ci faccia stare bene, abbiamo paura. Ma non possiamo permetterci di mettere la paura davanti alla vita».

CALCIATORI CHIAMATI ALLE ARMI – «Sono preoccupato da morire per i giocatori ucraini. Qualcuno è da solo, qualcuno può essere chiamato alle armi, anche ragazzi di 18/20 anni. Noi torneremo nel loro Paese, loro saranno comunque in mezzo ai guai. La cosa che mi fa diventare pazzo è non poterli aiutare in nessun modo. Chi non sa di calcio, di un gruppo, di cosa voglia dire la responsabilità magari mi prende per c…, ma a me dispiace vedere così i miei ragazzi».

CALCIO FERMATO TARDI – «In questi ultimi giorni si aspettavano tutti un attacco, a quanto pare, tranne l’Ucraina. Qui nessuno si aspettava una cosa così. Non so se cercassero di trovare altri pensieri, ma nessuno se lo poteva immaginare. Due giorni fa, alle 22, mi avevano confermato che al 70% si sarebbe giocata la prossima partita di campionato, a Kharkhiv. L’ambasciata ci aveva sollecitato ad andare via, ma nessuno lo aveva fatto. Io sono un allenatore, se il campionato non viene sospeso… La società mi tranquillizzava, dicendo che era una cosa mediatica. Sarei stato volentieri a casa, altrimenti».

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