Ibrahimovic: «Non c'è una data di ritorno, rientrerò quando sarò pronto»
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Ibrahimovic: «Non c’è una data di ritorno, rientrerò quando sarò pronto»

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Ibrahimovic: «Non c’è una data di ritorno, rientrerò quando sarò pronto». Così l’attaccante rossonero su alcuni temi caldi

Zlatan Ibrahimovic ha parlato anche a Milan Tv del suo ritorno in campo, del suo infortunio e del Milan.

IL RIENTRO – «Sto bene, ogni giorno che passa sto migliorando. Sto seguendo il protocollo che devo seguire. Purtroppo non c’è una data di ritorno di Ibra, perché quando mi sento pronto, quando starò bene bene rientro. Questa è la cosa più importante. L’importante è stare bene e quando uno sta bene riesce a fare le cose. Non voglio rientrare solo perché sono Ibrahimovic. Rientro per fare la differenza quando torno, tutto la».

L’INFORTUNIO DI MANCHESTER – «È un altro infortunio, la differenza è che sono più pronto questa volta. La prima volta mentalmente non ero pronto perché non mi è mai successo, non sono mai stato in quella situazione. Questa volta ho esperienza su cosa mi aspetta. La chiave è la pazienza, lavorare e tornare più forte di prima».

IL PRE-PARTITA DI SASSUOLO-MILAN – «La partita di Sassuolo era una giornata molto molto importante per noi, era la partita che ci poteva far vincere lo Scudetto. In un campionato ci sono 38 partite, ne avevamo giocate 37 e ne mancava una per essere campioni. Quel giorno non si poteva sbagliare niente. La preparazione, le cose fuori dal campo, i movimenti, i trasferimenti in albergo… Tutto quanto doveva essere perfetto. Anche se c’era qualcosa che non era perfetto, era perfetto. In partita bisognava essere concentrati, giocare come sapevamo giocare, essere fiduciosi e non perdere la testa. Se ti giochi tutto in una partita non è facile mentalmente, ma la squadra era pronta, ci eravamo preparati molto bene, tutti avevano fame e voglia di vincere, ma comunque era tutto sotto controllo. Non si pensava a cosa sarebbe successo se avessimo perso, si era tutti fiduciosi e in controllo. Devo dire che il mister era un po’ stressato, ma un po’ lo capisco (ride, ndr). Non solo l’ultimo giorno, era stressato negli ultimi tre mesi. Ma è normale, perché se non hai vinto un trofeo per cui hai lavorato per tutta la vita c’è un’importanza enorme per il tuo lavoro professionale e anche per la passione. Non è facile, non hai esperienza, non sei abituato… Alla fine però abbiamo vinto, e quando vince tutta la tensione si scioglie. Lacrime, emozione, gioia, sorrisi, godi… Tutto in uno arriva, e devi prendertelo tutto. È la cosa più bella che può succederti. I calciatori lavorano e si preparano per questo. Alla fine quando ci arrivi è la cosa più bella che può succedere. Il mio discorso non era programmato, sono me stesso e il momento lo prendo come arriva. Dopo quello che abbiamo passato da quando sono arrivato, dalla mia prima conferenza stampa che ho fatto quella promessa, poi quello che abbiamo passato durante la pandemia, il covid, giocare senza pubblico, poi è tornato il pubblico… Sono successe tante cose nel club e poi alla fine vinciamo. Allora lì volevo fare un discorso e mi veniva dal cuore, penso che i ragazzi meritavano questo e poi è esploso tutto, si vede nel video, non c’è tanto da spiegare. Quello che mi da tanta soddisfazione è quando vedo Paolo Maldini esultare, festeggiare… Sappiamo quanto è significato per noi questo trofeo, perché quello che abbiamo passato non era facile per nessuno. Era una gioia infinita»

GLI ALLENAMENTI – «Non è quanto lavori, non c’è un orario… Mi alleno finché non mi sento bene e soddisfatto. Qualche ora al giorno e mi sento bene e vivo quando lavoro. So che quando si lavora bene e tanto ti torna sempre. Ma non solo nell’allenamento, in tutto. Sono un animale, non esiste un fisico così, solo Ibra ce l’ha. Sono forte di fuori quando mi guardi, ma sono ancora più forte dentro di me»

IL RAPPORTO CON I FIGLI – «Do tanti consigli ai miei figli. Quello che tu spieghi e quello che provi a dirgli succedono in partita. E quando succedono tu provi a parlargli, a farli stare attenti. Ma un conto e se glielo spieghi a voce, invece quando succede in campo hai un esempio. Quello che dico e spiego poi si ripete nell’azione, di quello parliamo durante le partite. Io dico a Maxi: “Se Rafa (Leao, ndr) sbaglia un dribbling, anche tu puoi sbagliare”. Nel loro mondo hanno questa pressione, come il papà. Anche io dico a me stesso che non posso sbagliare, ma è impossibile, sbaglio anche io. E se Ibra sbaglia tutti possono sbagliare. Ma se lo dico come papà loro non vogliono sentirlo, loro hanno altri esempi. Va bene, ci sta. E allora io dico: “Vedi, il tuo esempio ha sbagliato. Anche tu puoi sbagliare”. Tutto si ripete. Lo spieghi alle nuove generazioni, loro sono il futuro. Poi dove arrivano non si sa, però è una cosa di esperienza che trasmetto alle nuove generazioni. Non è giusto dire che sono uguali al papà. Sono giovani, devono stare bene ed essere felici di quello che stanno facendo»

IL PERCORSO CON IL MILAN – «L’abbiamo già fatto, no? Sono venuto due anni fa, ho detto che avremmo portato il Milan al top e avremmo vinto. In tanti ridevano, non ci credevano perché la situazione era come era. Invece noi abbiamo lavorato, ci abbiamo creduto, ognuno si è preso le proprie responsabilità. Paolo e Ricky (Maldini e Massara, ndr) hanno fatto un grande lavoro e non era facile. Il mister ha fatto un lavoro estremo. Ognuno ha fatto il suo. Siamo dove siamo ma non dobbiamo essere soddisfatti o pensare che sia finita, è il contrario. Hai mangiato un po’ di successo, sai che feeling è. Ora questo deve continuare e avere fame di fare ancora di più. Per questo stiamo lavorando».

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