HANNO DETTO
Ibrahimovic: «Derby di Coppa con Lukaku, vi dico bene cosa è successo»
Zlatan Ibrahimovic ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del Corriere della Sera, ecco le sue parole sul Milan e non solo
Zlatan Ibrahimovic ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del Corriere della Sera, ecco le sue parole sul Milan e non solo:
Su Berlusconi: «Troppo simpatico. Una domenica sono in tribuna a San Siro, mi fa sedere accanto a lui. Poi mi fa: “Ibra, ti dispiace scalare di un posto? Sta venendo una persona molto importante”. Io scalo, scala anche Galliani. Penso che stia arrivando un politico. Invece arriva una donna bellissima, su tacchi impressionanti. Berlusconi mi strizza l’occhio: “Persona molto importante…”. E forse per lui lo era davvero».
Su Sanremo: «Ero nervoso. Amadeus mi ha lasciato libero di essere me stesso. “Cosa devo fare?” gli ho chiesto. E lui: “Fai Zlatan. Guida tu, io ti seguo”».
Sulla litigata con Mihajlovic: «Sinisa mi aveva provocato per tutto il match, dicendomi cose orribili in slavo, anzi serbo-croato, e io ci ero cascato. Adesso mi chiama bato: figlio mio. Quando si ammalò, della stessa malattia di mio fratello Sapko, stavo quasi per andare al Bologna. Per lui. Mihajlovic in campo era cattivo, come lo era Ballack, un altro provocatore di professione; ma lo faceva per dare un vantaggio ai suoi compagni. Non come Materazzi».
Su Materazzi: «Entrava da dietro per fare male; e noi calciatori capiamo subito quando uno entra per fare male o semplicemente entra duro, come Chiellini, come Stam, come Maldini... Con lui avevo un conto aperto da anni. L’ho saldato in un derby. Quello entra a piedi levati, io salto, lo evito, e lo colpisco con una gomitata alla tempia. Pippo Inzaghi commentò: “Il più bel derby della mia vita: 1 a 0, gol di Ibra, Materazzi in ospedale”. Ovviamente stava scherzando».
Su Maldini: «Paolo Maldini era cattivissimo. Se voleva farti male sapeva come fare. Ma lo evitava, perché metteva la sua giusta cattiveria al servizio della squadra».
Su Pippo Inzaghi: «Pippo mi diceva: tu Ibra fai quello che vuoi, dribbla, svaria, crossa; io sto davanti alla porta. Il gol è l’unica cosa che sapeva fare. Come Trezeguet. Ma tra un attaccante da circo e uno che segna, scelgo il secondo».
Sulla lite con Lukaku: «Derby di Coppa Italia. Lui litiga prima con Romagnoli, poi con Saelemaekers; io intervengo per difendere i compagni, e Lukaku mi attacca sul piano personale. Da restare choccati. Eppure eravamo stati compagni al Manchester. Sulla scommessa? Era un modo per farlo migliorare (Ibra ride). E comunque la scommessa lui non l’ha accettata. Lukaku ha un grande ego,è convinto di essere un fuoriclasse, ed è davvero forte. Ma io sono cresciuto nel ghetto di Malmoe, e quando qualcuno mi viene sotto a testa bassa, lo metto al suo posto. Così l’ho colpito nel suo punto debole: i rituali della mamma. E lui ha perso il controllo. Anche se mi è rimasto un dubbio atroce… Quel derby l’abbiamo perso. Io sono stato espulso. Poi mi sono infortunato. Sono successe un sacco di cose storte. Vuoi vedere che il rito Lukaku me l’ha fatto davvero? Così ho chiesto agli amici credenti di pregare per me. Devo saldare il conto anche con lui. Spero di incontrarlo presto».
Su Allegri al Milan: «Avevamo perso 3-0 con l’Arsenal, e lui era tutto contento. È vero che avevamo passato il turno, ma non c’era nulla da ridere, e gliel’ho fatto notare».
Sulla risposta di Allegri: «Tu Ibra pensa a te, che hai fatto cagare. Gli ho ribattuto che aveva fatto cagare lui: per paura si era portato due portieri in panchina… Allegri è bravissimo a gestire lo spogliatoio, ma doveva avere più coraggio: andare al Real Madrid, misurarsi con l’estero. Invece ha fatto la scelta comoda».
Sul giocatore più forte: «Ronaldo il Fenomeno. Da piccolo lo imitavo».
Sul ritorno al Milan: «All’inizio non correva nessuno. Li ho affrontati uno per uno, e non in disparte, davanti agli altri: in allenamento bisogna ammazzarsi di lavoro. Se io corro, se io mi ammazzo, il mio compagno correrà e si ammazzerà per me. L’hanno capito tutti, tranne uno. Leao all’inizio non mi dava retta. Ci è arrivato per conto suo. Infatti è molto migliorato».
Sul fischiare Donnarumma: «Gigio è un grandissimo portiere. Se gli avessero dato quel che chiedeva, sarebbe rimasto al Milan. Ora deve fare casino per essere titolare nel Psg. Non esiste che i sudamericani impongano quell’altro. Gigio è più forte».
Sulla festa dei 40 anni: «Mi sono commosso. Non amo le feste a sorpresa, ma Helena l’ha organizzata lo stesso. Sono venute persone che non vedevo da tempo: Pogba, Verratti, Ambrosini, Abate, Cassano, Galliani, Moggi, Zambrotta, Dacourt, Oddo, Sirigu, Kulusevski… Anche gente che avevo trattato male in campo. Anche Gattuso c’era. Con Rino ci caricavamo a vicenda. Lui mi chiamava “brutto slavo”, io lo infilavo a testa in giù nei bidoni della spazzatura».
Sul diventare un futuro allenatore: «Non lo so, è così stressante… Farò qualcosa capace di darmi adrenalina. Ma finché reggo, faccio il centravanti. Voglio giocarmi lo scudetto fino all’ultima giornata. E andare al Mondiale in Qatar».
Sul Napoli: «Maradona è un mito. Vedendo un documentario su di lui avevo deciso di andare al Napoli, per fare come Diego: vincere lo scudetto. Ero stanco dell’America. Pensavo di smettere. Raiola mi disse: sei matto, tu devi tornare in Italia. Con il Napoli era fatta; ma poi De Laurentiis cacciò Ancelotti.Allora chiesi a Mino: qual è la squadra messa peggio, che io posso cambiare? Rispose: ieri il Milan ha perso 5 a 0 a Bergamo. Allora è deciso, dissi: andiamo al Milan. È un club che conosco, una città che mi piace».
Sulle plusvalenze della Juve – «È solo agli inizi, è presto per giudicare. Posso dirle che io su tasse, bilanci, soldi sono attentissimo, pago bene le persone che se ne occupano».
Su calciopoli – «Moggi con me è stato il top. Quei due scudetti li abbiamo vinti e nessuno ce li può togliere. Nessuno può cancellare il sudore, la fatica, la sofferenza, gli infortuni, i gol. Per questo, quando dicono che in carriera ho vinto undici scudetti, li correggo: sono tredici. Moggi era uno che incuteva soggezione, anche se non a me. Come Berlusconi».
Su Mbappé – «È vero, gli ho consigliato di andare via da Parigi. Ha bisogno di un ambiente più strutturato, come quello del Real Madrid. Però poi ho detto al presidente del Psg di non venderlo».
Su Messi – «Lui e Cristiano Ronaldo sono fortissimi entrambi, scelgo Leo anche perché abbiamo giocato insieme. Avevamo un rapporto professionale. Lui vive per il calcio. Ma il Pallone d’oro quest’anno lo meritava Lewandowski. Il calciatore più forte della storia è Ronaldo il Fenomeno, da piccolo lo imitavo».
Su Guardiola – «Non mi ha mai capito. Voleva programmare tutto quello che dovevo fare. Mi veniva un gesto d’istinto, ma poi pensavo a quello che voleva Guardiola, e cambiavo. Così pensavo doppio. Guardiola non ama i giocatori di personalità. Ero diventato un problema; e siccome non riusciva a risolverlo, l’ho risolto io, andandomene».