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Il Milan degli Olandesi II: tre ciambelle senza buco

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Ve lo ricordate il Milan degli Olandesi? Quel pezzo di storia del calcio e rossonera che hanno portato alla vittoria di Scudetto e Coppa Campioni, con calciatori fenomenali che giocavano in maniera eccezionale, deliziando il pubblico, gli amanti del calcio e il pallone stesso che sembrava essere innamorato dei loro piedi; ce l’avete presente? Ecco, sull’onda della nostalgia di quel Milan i dirigenti rossoneri decidono, nell’Estate del ’97, di prendere tre olandesoni per cercare di riportare il Calcio Totale a Milano. 

Niente di più lontano dalla realtà, come puntualmente accade le operazioni nostalgia diventano quasi sempre delle tragedie, come quando avete l’insalatiera di pasta condita e appena preparata e d’improvviso le vostre mani si trasformano in una saponetta, facendo inesorabilmente crollare i sogni delle vostre papille gustative. Winston Bogarde, Michael Reiziger e Patrick Kluivert dimostreranno di avere un gran gusto, soprattutto per la panchina di San Siro, scegliendo ogni volta come decorarne i sedili e come accessoriarli.

Il più scarso di tutti, senza dubbio, è il buon Winston, che già dal nome era evidente avesse sbagliato sport o proprio lavoro. «Da ragazzo ero un delinquente, se non ci fosse stato il calcio sarei diventato un criminale. I miei modi di fare erano quelli di un troglodita» disse il buon Bogarde. Effettivamente aveva l’intelligenza calcistica di un uomo di Neanderthal. Il mondo del crimine ha perso un gran manovale, il ragazzo alto e stupido da usare per i lavori sporchi mentre il mondo del Calcio ha guadagnato uno dei bidoni più grandi della sua storia. È incredibile come nonostante fosse solare la sua inettitudine nel giuoco del pallone questo armadio orange sia riuscito a giocare nell’Ajax, nel Milan e nel Barcellona. Giocare… Vabbè a fare qualche presenza, comunque ad essere pagato da una squadra importante solo per fare il panchinaro.

«A Milano non mi sono mai sentito a casa, troppa nebbia, una città fredda. Mi piacevano solo la cucina e la moda». Cambiando aria e migrando verso la più solare e calda Barcellona la storia non è cambiata: la panchina è la sua compagna di vita. 

Il più forte degli Olandesoni di seconda infornata era senza dubbio Patrizio Kluivert. Se lo ricorda bene chi ha visto la finale della Coppa Campioni del ’95, quando da 19enne segna la rete decisiva in finale, proprio contro il Milan. Galliani allora decide “minchia che forte questo Patrizio, compriamolo così nella prossima finale il goal non ce lo segna ma lo fa per noi”. Kluivert arriva con tutte le carte in regola per fare non bene ma benissimo. È il più giovane giocatore a segnare in una finale di Coppa dei Campioni, è entrato nel giro della Nazionale maggiore, ha vinto una Coppa Campioni, una Super Coppa Uefa, una Coppa Intercontinentale, due campionati olandesi, insomma sembra forte e può solo che migliorare avendo solo 21 anni.

Arriva al Milan a parametro zero, dopo che mezza Europa ha tentato di accaparrarselo, Galliani la spunta, forse in maniera non del tutto legale. Lo zio Fester (Adriano Galliani) è entusiasta del colpo:“Kluivert è la nostra risposta a Ronaldo e alla Juve. Meglio ancora: Kluivert più Weah. Una coppia cosi, non la cambio neppure sotto tortura”. Patrizio si presenta sobriamente, con un umiltà spaventosa:“Voglio giocare, si tratta solo di decidere chi farà coppia con me”.  La Gialappa’s Band sarà il compagno principale di Kluivert, infatti il bomber del liscio diventa un idolo della trasmissione “Mai dire Goal”. Tanto male, per il presidente Berlusconi sono comunque incassi anche se non nel modo che aveva pensato. 

Il rapporto col pubblico è un disastro, Patrizio viene fischiato sempre e comunque quando gioca. Quel Milan che doveva rinascere si sgonfia e implode. Gli olandesi non si ambientano e per di più sono scarsi. L’attaccante che voleva essere il Ronaldo del Milan, dimostrando di essere anche migliore del “Fenomeno” lascia Milano per andare anche lui al Barcellona per una cifra intorno ai 25-28 miliardi. In Spagna ritrova la vena realizzativa ma non diventa il campione che aveva sognato, sicuramente non arriva ai livelli di Ronaldo. La sua media è di una rete ogni due partite, niente male ma sono i numeri di un buon attaccante per le difese spagnole di quegli anni. Forse preferiva le uscite notturne e la movida spagnola alle reti sul campo da gioco. Sicuramente per fisico, tecnica e potenziale avrebbe potuto fare molto meglio.

Significativa, sintetica e forte l’opinione di Marcel Desailly sui due Tulipani: «Kluivert e Bogarde non hanno mai capito la filosofia del Milan; non hanno mai cercato di integrarsi. Si sono comportati come dei nuovi ricchi, fieri di aver raggiunto finalmente denaro e fama». 

Una via di mezzo tra Bogarde e Kluivert, Michael Reiziger non se lo ricorda nessuno al Milan. Forse solo i collezionisti di figurine Panini per la sua foto terribile che ti intimava di cambiare subito pagina. Quanti bambini avranno pianto quando aperta la bustina si ritrovavano in prima fila i labbroni del terzino destro rossonero? E quanti padri intimavano ai figli non fare questo, non fare quello altrimenti arriva Reiziger e ti fa vedere le labbra?

Ha il compito di sostituire Christian Panucci ma al massimo potrebbe fare il portaborse del terzino azzurro. Colleziona solo 10 presenze e viene venduto anche lui indovinate a chi? Al Barcellona! 10 miliardi, un miliardo a presenza nel Milan per questo cavallo di razza. Al Barcellona però gioca titulare e non fa eccessivi disastri. La nazionale gli regala ben 72 presenze.

Ogni bravo psichiatra o psicologo prescrive: “Quando avete mancanza di autostima andate su Wikipedia e leggete il Palmarés di Michael Reizeger, avrete un’impennata d’umore che neanche i migliori antidepressivi legali vi regaleranno”.  L’unica cosa che non ha vinto è stata una competizione per le Nazionali (Mondiale o Europeo).

Dopo Kluivert il Milan decide di puntare su Shevcehnko e questa volta non sbaglia.

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