2015

Io sto con Inzaghi

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Le parole di Zvone Boban al termine della partita pareggiata (mica persa) contro la Sampdoria risuonano ancora nelle orecchie dei tifosi rossoneri e anche oggi, a poche ore dal derby di Milano, fanno tremare l’equilibrio già instabile dello spogliatoio rossonero: “Il problema del Milan è che ha giocatori davvero scarsi. È quasi impossibile fare una squadra con questi giocatori. Non si capisce cosa possano dare. Anche Inzaghi non ha un grande concetto di gioco, ma è dura farli correre insieme, molto difficile. C’è un po’ di anarchia, è molto dura. Non capisco. Stasera mi sono reso conto del valore della rosa del Milan: dirsi soddisfatti dopo una partita del genere è davvero difficile”.

E’ facile criticare caro Zvone, che ha forse dimenticato il patto tra gentiluomini  di non sparare sulla croce rossa, ma a lui tutto sembra essere concesso perché è “Un tipo schietto”.
E allora dimentichiamo il contesto in cui questo Milan di Inzaghi è costretto a giocare: una società allo sfacelo (un giorno cinese, l’altro thailandese ed un giorno ancora di Berlusconi) indebitata di quasi 100 milioni; una rosa già tecnicamente di livello non paragonabile a quella in cui giocava il Zorro croato e per giunta disintegrata dagli infortuni (una trentina dall’inizio della stagione) e poi Inzaghi, un tecnico alle prime armi è vero, ma che ha avuto solo la colpa di accettare il lavoro dei sogni nella squadra per cui fa il tifo e di cui ha contribuito a scriverne la storia.

Sì, perché quando si parla di Inzaghi ci si dimentica di un particolare fondamentale, non è stato lui ad imporsi nel ruolo di allenatore dopo la cacciata di Seedorf (altro tecnico senza esperienza) ma è stata la società ad affidargli la panchina penando di aver trovato il nuovo Capello.
Dirai, caro Boban, “Di Capello ce n’è uno solo”, è vero, ma anche di Boban, Weah, Savicevic, Maldini e Albertini, Campioni con la “C” maiuscola di cui questo Milan è sprovvisto.
Inzaghi non è colpevole di giustificare fino allo stremo i propri ragazzi, azione che “Il Guru” Mourinho fa sistematicamente (e senza troppe critiche) in qualsiasi squadra dove ha allenato, perché è così che un bravo allenatore fa.
La verità è che “Sparare sulla croce rossa” è troppo facile, la cosa difficile e guidarla.

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