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Jacobelli: «Milan discontinuo, ma Fonseca non merita tutte queste critiche. Gabbia capitano? Sarebbe un segnale di attaccamento alla maglia» – ESCLUSIVA

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Jacobelli parla in esclusiva del Milan e di tanti temi del mondo rossonero verso la partita contro l’Udinese. Le dichiarazioni

La stagione del Milan, il prossimo match con l’Udinese, le questioni Leao e Theo Hernandez, il futuro di Gabbia, i problemi di Fonseca e tanto altro. Il giornalista Xavier Jacobelli, editorialista del Corriere dello Sport e di Tuttosport e commentatore di Rai Sport, affronta tutti questi temi in esclusiva a Milannews24.

Come si può definire la stagione del Milan fino a questo momento?

«Direi discontinua e altalenante. Lo dimostrano i risultati in campionato e la falsa partenza in Champions League nonostante la situazione sia ancora recuperabile perché ci sono ancora 6 partite da disputare. Credo che tutto questo dovesse essere messo in preventivo. Quando si cambia l’allenatore e quando alcuni giocatori accusano le fatiche della stagione precedente – mi riferisco in particolare a Theo Hernandez che è stato lo stakanovista della Francia e Leao – io credo che si troppo presto per esprimere un giudizio che suoni definitivo sul rendimento del Milan. Siamo alla vigilia dell’ottava di campionato e la settimana prossima tornerà la Champions League. E’ importante che adesso il Milan riprenda il filo del discorso che è iniziato vincendo il derby e battendo il Lecce con quei 3 gol segnati in 5 minuti. E che si è interrotto in Champions e a Firenze»,

Fonseca è finito nuovamente sulla graticola dopo le sconfitte con Bayer Leverkusen e Fiorentina. E’ l’allenatore giusto per il Milan?

«E’ importante che la squadra in questo momento dia prova di solidità e unità. Anche perché deve dimostrare il campo di sostenere il lavoro di Fonseca che non merita le critiche che spesso gli vengono rivolte, soprattutto dopo la partita di Firenze. Non si può passare nell’arco di pochi giorni da fenomeno che batte l’Inter interrompendo la serie negativa di sei sconfitte nella stracittadina ad allenatore che è di nuovo sulla graticola. In questo momento il giudizio deve essere sospeso. Ci sono una serie di partite con Udinese, Bruges, Bologna, Napoli, Real Madrid fino alla sosta di novembre e queste consentiranno di valutare una prima parte del lavoro di Fonseca. Quando si arriverà a quel punto si capiranno quali saranno gli obiettivi e le possibilità del Milan. La classifica ci dice che ci sono solo 5 punti di distacco dal Napoli capolista: il campionato, in questa prima fase, è molto equilibrato e quindi tutti i discorsi sono aperti».

Che tranelli nasconde lo scontro diretto di sabato contro l’Udinese?

«E’ importante che il Milan già dalla partita con l’Udinese dimostri di essere unas quadra solida. E soprattutto che non ci siano quei comportamenti che hanno sconcertato anche la tifoseria, mi riferisco a quanto accadde durante Lazio Milan con Leao e Theo ostentatamente a molta distanza dalla squadra e dall’allenatore durante la pausa rinfresco. E poi la questione dei rigoristi di Firenze: c’è un allenatore, che dà le disposizioni e vanno rispettate. L’Udinese è un ostacolo da superare, è una signora squadra, gioca bene ed è galvanizzata dall’esordio in Nazionale di Lucca. Non sarà una partita facile».

Jacobelli si aspettava di più da Morata, Leao e Theo Hernandez?

«Pulisic in assoluto è stato il miglior milanista in questo inizio di stagione. Morata ha portato esperienza, dall’alto della sua caratura di attaccante tra i migliori in campo internazionale. Per Theo Hernandez e Leao si deve tenere presente che i giocatori non sono robot. E loro due si sono lasciati alle spalle un periodo breve di vacanze tra la fine dell’ultima stagione con l’Europeo e l’inizio della nuova. Io mi aspetto che entrambi tornino sui loro livelli di rendimento. Paradossalmente questa sosta forzata a cui è costretto Theo Hernandez dalla squalifica gli consentirà di ricaricare le pile. Lui è un grande giocatore. Ed è un punto di riferimento del Milan. A Firenze è stato tradito dal nervosismo, ma non si può discutere Hernandez come non si può discutere Leao. E’ una questione di ripprendere il filo del discorso avviato nel derby. La metamorfosi tattica di quel Milan offensivo e il coraggio di Fonseca avevano pagato. E quindi vedremo cosa accadrà con l’Udinese».

Gabbia è la vera sorpresa del Milan: merita di diventare il nuovo capitano?

«Il fatto che Gabbia insieme con Calabria sia cresciuto calcisticamente nel vivaio rossonero credo sia una nota di merito. L’esperienza spagnola, per quanto breve sia stata, gli ha consentito di completare una maturazione che poi si è compiuta sul campo. Stiamo parlando di un ragazzo che compie 25 anni il 21 ottobre: è un giocatore ancora in fase completamente ascensionale. Ha guadagnato l’interessamento di Spalletti che l’ha convocato per la prima volta in Nazionale e secondo me se l’è meritato sul campo. Ha tutto per fare il capitano del Milan, con il massimo rispetto di Calabria che è infortunato. Avere un capitano cresciuto a Milanello che ha il Diavolo in corpo sarebbe un segnale del fatidico attaccamento alla maglia che si chiede a chi la fortuna di indossare una maglia così prestigiosa in un anno come questo. Vorrei ricordare che è l’anno del 125esimo compleanno del Milan, un anno molto importante».

Le prestazioni di Kalulu alla Juve, messe in confronto con quelle di Tomori, stanno creando malumori nell’ambiente rossonero. Giuste le critiche al difensore inglese?

«Non si può passare dalle stelle alle stalle: Tomori è un grande difensore, ha solo 26 anni. E’ arrivato nel 2021 e subito ha mostrato il suo valore ed è stato protagonista nell’anno dello scudetto. Succede a tutti i giocatori di vivere periodi di condizione non perfetta. Ma parliamo di un giocatore che al Milan ha giocato 150 partite. Tomori è un difensore di livello assoluto e certamente tornerà a ai suoi livelli di rendimento. Non si può pensare che i giocatori siano robot e che in una stagione così impegnativa giochino sempre da 8. Può darsi che incappino anche in giornate negative, ma il valore di Tomori è indiscutibile».

E Kalulu?

«Kalulu ha scelto l’opzione del prestito alla Juve perché pensava di non essere impiegato con continuità col Milan. Vedremo alla fine della stagione cosa succederà, tanto è un prestito».

Tanti tifosi del Milan lamentano la poca presenza della società e della dirigenza. E’ effettivamente un problema per Jacobelli?

«No, francamente questi dibattiti a mio avviso risultano impropri perché in campo vanno i giocatori e in panchina va l’allenatore. Se è stato scelto Fonseca vuol dire che la società ha puntato su di lui dopo quanto si era detto, sentito, letto in estate sulla rosa dei candidati, su chi sarebbe potuto arrivare e non è arrivato. Alla fine la scelta è caduta su Fonseca e deve essere sostenuta e non ho dubbi che la società la sostenga. Come tutti gli allenatori sanno, è chiaro, le loro fortune e sfortune professionali dipendono dai risultati. In questo momento è importante l’unità tra società, squadra e tifosi. Il supporto dei tifosi non è mai mancato. Riprendere il filo del discorso positivo con i risultati aiuterebbe tutti».

E Ibrahimovic? Ha la stoffa da dirigente?

«In tutte le cose, come diceva Edoardo De Filippo, nessuno nasce imparato. Un conto è essere un fuoriclasse quale è stato Ibrahimovic in campo e un altro è vivere una nuova esperienza da dirigente del Milan. E’ molto importante la personalità, il ruolo e il punto di riferimento di Ibrahimovic al Milan. Lui è dotato di molto carisma e ovviamente sta maturando in questi primi mesi la sua nuova esperienza. Io non credo che questi discorsi c’entrino con la squadra: in campo ci va la squadra! Poi sono i risultati a fare la fortuna…».

Lotta scudetto. Napoli prima e Inter tra le favorite. Il Milan, per Jacobelli, può rientrare in corsa?

«In questo momento, con 7 giornate di campionato, è prematuro fare previsioni. Però è evidente che il primato del Napoli sia indicativo dello stato di salute della squadra di Conte che brilla per la qualità del suo gioco, per avere azzeccato gli acquisti estivi – mi riferisco in particolare a McTominay – per le conferme di Kvaratskhelia e Lobotka, per il ritorno ad un ottimo livello di Di Lorenzo. E poi il Napoli può concentrarsi su campionato e Coppa Italia non avendo, suo malgrado dopo 14 anni consecutivi, una coppa europea da disputare. Il Napoli si candida a ruolo di anti Inter. Ma la situazione è fluida e la classifica troppo corta. Nessuno ha imposto la sua andatura in maniera definitiva rispetto alle altre: il campionato è equilibrato. Il dato di fatto incontrovertibile è che il Napoli merita di essere primo».

E’ stata la settimana della Nazionale. Si può dire che si è vista un’Italia totalmente opposta rispetto a quella dell’Europeo?

«E’ un rammarico non aver visto questa Italia in Germania. Nella stessa misura in cui, a eliminazione avvenuta all’Europeo, abbiamo parlato di fallimento della spedizione azzurra con Spalletti bersaglio principale delle critiche, adesso bisogna avere l’onestà critica di sottolineare i meriti di un allenatore che ha fatto tesoro degli errori commessi. E ha cambiato passo alla Nazionale. Tant’è vero che l’Italia è già sicura di essere teste di serie quando si effettuerà il sorteggio dei gironi di qualificazione al Mondiale 2026. E’ molto importante perché dopo le due fallite qualificazioni ai mondiali finire in un girone che non sia di ferro è un vantaggio. In Nations League l’Italia ha sciorinato un gioco di qualità, mandando in gol 7 giocatori diversi, ha imposto all’attenzione generale individualità di spicco come Retegui, Ricci, Tonali che è un grande recupero per la Nazionale e un tuttocampista di statura internazionale. Teniamo conto che Chiesa potrebbe rientrare Barella non c’era. Credo che i segnali lanciati in questa Nations League siano molto incoraggianti. C’è anche l’Under 21 che è si è qualificata alla fase finale dell’Europeo. Questo autunno è azzurro: c’è la dimostrazione che i talenti in Italia non mancano, ma bisogna saperli valorizzare».

E proprio un talento cresciuto al Milan ha esordito contro Israele: Daniel Maldini. Come commenta Jacobelli il debutto del figlio di Paolo?

«E’ una storia bellissima, entusiasmante per chi ama il calcio. L’emozione di Paolo Maldini era palpabile. E’ un motivo di orgoglio per lui, la sua famiglia, il Milan, il calcio italiano. Ho avuto l’onore e la fortuna di seguire sia Cesare Maldini Ct dell’Under 21 e della Nazionale maggiore che l’avventura di Paolo in rossonero con l’esordio a 16 anni e mezzo ad Udine. Proprio ad Udine dove Daniel ha collezionato la sua prima presenza in maglia azzurra. Il suo esordio è stato ottimo, a conferma di una crescita di un giocatore che è guadagnato sul campo la prima convocazione. Sta facendo benissimo al Monza. E’ un motivo di orgoglio per la famiglia Maldini e per il Milan dove è cresciuto»

Si ringrazia Xavier Jacobelli per la disponibilità mostrata in occasione di questa intervista

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