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La rivoluzione di Montella: stessi uomini, stesso modulo… cambia il gioco
Vittoria meritata quanto sofferta quella ottenuta a San Siro dal Milan contro il Torino di Mihajlovic. Proprio la doppia sfida tra il presente ed il passato tecnico rossonero la chiave di lettura più affascinante dell’intero match (a tratti è sembrato di poter vedere in campo il Milan dell’anno passato contro il Milan attuale) utile a tirare le somme della prestazione complessiva dei calciatori a disposizione di Vincenzo Montella.
Partiamo proprio da loro, i calciatori: stessi 11 (con l’esclusione di Paletta e Suso) che l’anno scorso hanno composto, secondo il Patron Silvio Berlusconi, “il peggior Milan mai visto” ma che ieri per larghi tratti del match hanno confermato quanto di buono intravisto in fase di precampionato grazie all’instaurazione di un gioco basato sull’assenza quasi completa di lanci lunghi ed un possesso palla prolungato (certo con qualche sbavatura) e ritmo di gioco veloce propiziato da tanto movimento senza palla. Ma analizziamo ruolo per ruolo la vera rivoluzione di Vincenzo Montella che nel gioco e non negli uomini (è così che si dovrebbe fare, Mancini) trova il proprio paradigma:
PORTIERE: Forse il giocatore apparso più cresciuto, calcisticamente parlando, dell’intero 11; Gianluigi Donnarumma, autore della solita prestazione solida tra i pali (salvatore della Patria in occasione del rigore parato a Belotti a partita praticamente conclusa), ha dimostrato di aver appreso alla perfezione i nuovi dettami di Vincenzo Montella. Gigio è infatti il difensore aggiunto in fase di costruzione, l’uomo che, al pari di Romagnoli, fa partire la manovra del Milan grazie ad un continuo coinvolgimento e ad una crescita qualitativa nel passaggio assolutamente da sottolineare.
DIFESA: È nel reparto difensivo che il Milan ha sicuramente mostrato le maggiori lacune. Gli unici due giocatori a cui è stato concesso il “potere” di lanciare a volte direttamente dalla propria metà campo, Romagnoli e Paletta hanno vissuto una partita altalenante giocata con il giusto affiatamento però solo per un’ora buona. A Romagnoli vanno sicuramente imputate le due disattenzioni principali che hanno portato ai gol granata (dormita sul gol di Belotti e troppo tenue nel contrasto con Baselli); mentre Paletta, praticamente perfetto fino al minuto ’94, finisce sul banco degli imputati per l’espulsione ed il rigore assegnato al Torino ma poi parato da Donnarumma per la gioia del pubblico di fede milanista. Contro il Napoli vedremo, a meno di ultimi colpi di mercato, l’esordio in campionato di Gustavo Gomez che, a differenza dell’italo-argentino, è provvisto di un’imponenza fisica maggiore ma di tanta esperienza in meno.
CENTROCAMPO: meno innovativo ma decisamente più quadrato il reparto mediano di Vincenzo Montella che con pochi ritocchi provenienti dal mercato potrà forse trovare la giusta dimensione. Solita partita di quantità di Kucka che, anche sotto la gestione Montella, si conferma essere uno dei migliori in campo, mentre ancora da valutare il nuovo impiego da mezzala di Jack Bonaventura mobile e a servizio della squadra fino a quando è stato in campo ma che ha fatto vedere le migliori cose in fase di costruzione quando partiva dalla, a lui più congeniale, corsia di destra. Da sottolineare invece il ridimensionamento positivo (di “DeRossiana” memoria) di Riccardo Montolivo, il capitano rossonero è sembrato meno coinvolto alla costruzione dell manovra (niente ricerca di cambi di gioco azzardati o continui ed effimeri scambi sulla mediana) ma ben più utile nei momenti di non possesso confermando le proprie doti da interditore e da utile (talvolta ancora con qualche pericolosa sbavatura) ausilio ai due centrali di difesa. Le note più liete però vengono dagli esterni grazie all’ottima e convincente prova sia di Antonelli che, soprattutto di Abate, autori della solita prestazione fatta di continua corsa e sovrapposizioni ma che, mai come questa volta, appaiono avere un senso.
ATTACCO: Negli almanacchi verrà ricordata come la grande partita del figliol prodigo Carlos Bacca autore di una tripletta, ma per l’occhio attento la partita potrebbe anche essere segnalata come il trampolino di lancio dell’effettiva consacrazione di M’Baye Niang: l’attaccante francese ha dominato con le sue giocate il proscenio erboso di San Siro e, a differenza di quanto già visto nella passata stagione, l’ha fatto in funzione principale della squadra anziché di sé stesso o del suo valore di mercato. Da una sua illuminante giocata sono partiti gli unici due gol su azione messi a segno dai rossoneri mentre a lui francamente è mancato solo il gol (sfiorato tuttavia nei minuti iniziali). Suso è l’altra nota parzialmente lieta del reparto offensivo milanista, l’ex Genoa è sembrato per lunga parte avulso dal gioco ma quando ha deciso di salire in cattedra ha in più di un’occasione creato ottime occasioni sfruttate tuttavia malamente dai compagni (bellissimo l’assist a Bonaventura nel secondo tempo).