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L’antitesi del ‘bel giuoco’
È uno dei molteplici paradossi che ultimamente contraddistinguono la società di Via Aldo Rossi, talvolta non senza suscitare pure un minimo di ironia. Parliamoci chiaro, il frangente sorride ai rossoneri, per risultati, sì. Ma è dagli albori della stagione in essere che si sente il presidente nutrire pubblicamente aspettative di un certo livello sul gioco del Milan. Ma sono fondate? Da una decina di gare a questa parte Mihajlovic ha trovato la quadra predisponendola su uno schematico ma efficace 4-4-2 che affida ai giocatori compiti, diciamo così, più facilmente riconoscibili, richiamando quelli più anarchici alla disciplina e al rispetto di posizioni ben definite. E questo è un primo punto da evidenziare. Come non va tralasciato il target tecnico del materiale con cui si trova a lavorare Mihajlovic. Un organico sicuramente generoso, ma di certo non attrezzatissimo quanto a raffinatezza, almeno rispetto alle tre compagini con cui i rossoneri stanno (virtualmente) concorrendo per il terzo posto. Testimonianza limpida ne è un reparto nevralgico della manovra quale il centrocampo, dove l’unico, sulla carta, facitore di gioco sarebbe Montolivo, che alla fine si scopre però essere ineguagliato frangiflutti su scala europea. Insomma, qualcosa non torna. Ma figure emblematiche di agonismo sono pure i vari Honda, Kucka, Abate et al. Incaricare un gruppo come questo di una simil missione sarebbe come ordinare ad un esponente astrattista di raffigurare un qualsiasi soggetto figurativo. È evidente che si tratta di una ‘mission impossible’ o quasi. La realtà essenzialmente provinciale dell’attuale Milan lascia spazio solo e unicamente ad un gioco di contenimento e ripartenze veloci. Il pieno recupero di Menez è in questo senso fondamentale per garantire precisione nell’ultimo passaggio in fase di rimessa. Qualcuno però deve farsene una ragione.