HANNO DETTO
Maldini al Festival dello Sport: «Non ero sicuro di poter vincere lo scudetto, ma ci credevo»
Le dichiarazioni di Paolo Maldini al Festival dello Sport di Trento 2022
Paolo Maldini a partire dalle ore 14:00 interverrà sul palco del Teatro Sociale al Festival dello Sport di Trento 2022. Ecco le parole del direttore dell’area tecnica del Milan:
PRIMO SCUDETTO VINTO DA DIRIGENTE – «Molto importante e molto diverso da vincere da calciatore. Non giocando non scarichi l’adrenalina che accumuli: hai tensione pre-gara ma non hai la possibilità di giocare. Osservi, è un lavoro completamente diverso. Quando sono venuto qua nel 2018 dovevo ancora avere una visione generale di quello che deve essere un dirigente. Da allora ho fatto una discreta esperienza. Sino stati 3 anni bellissimi, un progetto che ha dato grandissime soddisfazioni al club e ai tifosi».
MOMENTI DA DIRIGENTE CHE TI VENGONO IN MENTE – «Quando ho firmato per il Milan, i momenti di difficoltà: non mi sentivo né pronto né adeguato. Leonardo mi ha insegnato veramente tanto, di calcio e di vita. E poi la giornata dell’ultima partita a Sassuolo più la festa in piazza Duomo».
VANTAGGIO DI QUANDO I CALCIATORI VENGONO COLPITI DALLA CHIAMATA DI MALDINI – «Parto con questo vantaggio, ma non è dato solo dal fatto che io abbia fatto parte della storia del Milan. Il vantaggio è proprio essere legato a questo club, che è stato grande negli anni 50-60, è stato grande alla fine degli anni 70, è stato grande con Berlusconi. Ha una storia che non va neanche presentata, parla da sola. Quindi quando un calciatore viene chiamato da questo club è più facile credere a quello che viene raccontato, che poi però devono essere vere: così ci si guadagna la fiducia».
ACQUISTI – «Il primo acquisto reale è stato Rade Krunic con cui eravamo già d’accordo l’anno precedente, è stata la prima cosa che ho fatto da solo. Per Theo siamo andati prima a parlare con il Real, con Theo ho usato le stesse parole che userei con mio figlio. Un pochino con i miei calciatori sento questo rapporto padre-figlio, so benissimo quali sono le difficoltà a cui si va incontro a quell’età. Dico che ci sono momenti bellissimi ma anche momenti delicati, io cerco di dare supporto a questi ragazzi prima che a questi calciatori».
LE DIFFICOLTA’ RISCONTRATE DA DIRIGENTE – «Difficoltà varie, perché è un progetto diverso da quello vincente degli anni d’oro di Berlusconi. Vieni da anni difficili in cui non ti qualifichi in Champions, devi raccontare quindi ai calciatori un progetto credibili e vincente, ma ridimensionato nei costi. Mi sento un po’ garante del progetto rossonero, e la sento. Questo è normale che in una grande azienda le persone non mettano radici, io invece ce le ho. Ce le ho da quando mio papà è venuto a giocare al Milan negli anni 50, quando sono andato a fare il provino a Linate, quando ho portato i miei figli».
ESORDIO – «Lontanissimo, sono stati anni bellissimi. L’adolescenza è un’età fantastica, a 16 anni mi sono ritrovato ad essere uomo in un ambiente pieno di uomini. So cosa ho sofferto, so le mie insicurezze, mi ricordo bene i sacrifici. Se avessi avuto qualcuno che mi avesse supportato un pochino di più sarei stato meglio. La volontà è quella di dare supporto ai miei calciatori».
GIROUD E IL DERBY SCUDETTO VINTO LO SCORSO FEBBRAIO – «Giroud è un campione, punto e basta. Ha vinto un Mondiale, gioca in nazionale, è un professionista esemplare. La caratteristica principale di un campione è che è umile ed è un uomo squadra. Un campione viene fuori quando c’è bisogno. All’inizio è stato limitato da qualche infortunio, ma poi è venuto fuori. Ma è la storia di tanti giocatori che sapevano che l’occasione era quella. Internamente sapevamo che quella era l’occasione per arrivare ad un sogno, lo sentivamo, ci abbiamo creduto e i risultati sono arrivati».
RAPPORTO CON MASSARA – «Innanzitutto la coppia nasce da un trio, quando Leonardo decide di andare via mi trovo da solo e per rimanere chiedo di poter costituire il gruppo dirigenziale del Milan. Chiamo Zvone Boban in primis, un mio grande amico e grande conoscitore di calcio, poi ci serviva anche un DS. Sapendo che il Milan era alla ricerca di un DS ho ricevuto tantissime telefonate che parlavano bene di Ricky. Io non lo conoscevo, ma parlandoci abbiamo parlato dei nostri trascorsi calcistici: lui ci aveva fatto gol col Pescara e col Pavia. Ho fatto un colloquio, mi è piaciuto tanto e siamo partiti. Ha la mia età, un percorso diverso dal mio e una visione diversa, è fondamentale. È un grandissimo conoscitore di calcio, un grandissimo lavoratore. Condivide i principi fondamentali della vita, e siamo praticamente una coppia di fatto, viviamo in simbiosi gran parte della settimana. A me piaceva Kjaer come giocatore, ma non lo conoscevo nei dettagli: lui ha insistito molto. È un giocatore sul quale Ricky ha spinto tanto».
LA CONVINZIONE DI VINCERE LO SCUDETTO – «C’era un’idea da trasmettere. Mi è successo anche da calciatore con l’ultima Champions. Ci è stata una prima parte di stagione non tanta buona, non giocavamo bene a novembre: ho cercato con Carlo una reazione e abbiamo messo in giro questa idea di vincere la Champions. Con Zaccheroni uguale, quando abbiamo vinto lo scudetto. Io sono molto realista, ma sono un grande sognatore. Credo che sia alla base di tanti sportivi e tante squadre, sognare di arrivare al risultato massimo. È una cosa che ho imparato col tempo e che trasmette fiducia. Non ero sicuro di poter vincere lo scudetto, ma ci credevo: so cosa vale la squadra. Questa cosa qua l’ho detta a Natale, non avevamo budget per il mercato: la Juventus ha preso Vlahovic, l’Inter Gosens, allora un piccolo budget è venuto fuori. Io ho detto: “Non lo voglio, siamo forti così”. Da lì…».
KALULU E LA SUA ESPLOSIONE– «In quel momento lì Kjaer era fuori, come Romagnoli. Tomori si era operato al menisco. Dovevamo affrontare 6-7 partite con due centrali di ruolo, Kalulu e Gabbia. Avevamo incrociato le dita, ma sono stati fondamentali. La cosa bella dello Scudetto dell’anno scorso è che sono stati tutti protagonisti: Tatarusanu col rigore parato al derby, mio figlio Daniel con il gol allo Spezia. Tutto il gruppo era coinvolto, anche grazie alla conduzione di mister Pioli che in questo è veramente fantastico».
RAPPORTO CON CARDINALE – «Chi viene da un continente diverso ed è abituato a vedere sport diversi: è come se andassi a pranzo con una leggenda del baseball. Gli ho raccontato la mia origine, la mia vita. Gerry è una persona che ha energia. Vuole fare, ascolta. Mi piace molto. L’idea che viene trasmessa è una sorta di continuità rispetto ad Elliott, hanno preso questo club che è stato risanato dal punto di vista economico e che adesso dovrebbe riuscire a risalire verso obiettivo un pochettino più grandi».
PROMESSE – «Non c’è nessuna promessa, la promessa te la posso fare io: quella di non andare oltre i propri limiti economici. Tutto questo passa attraverso una ristrutturazione di tutto il calcio italiano in generale, la differenza con il calcio inglese è quasi insostenibile: la differenza di budget ci mette in difficoltà. Noi abbiamo altre armi, come storia e più idee. Il limite sicuro dei prossimi anni è quello dei ricavi/investimenti, non andremo oltre le nostre possibilità».
CHAMPIONS LEAGUE – «La voglia, determinazione e l’ambizioni ci sono. Io voglio una squadra ambiziosa, siamo il Milan e la storia parla per noi. Non è un discorso da fare solo per il Milan ma per tutta la Serie A, i nostri diritti TV valgono troppo poco per quello che siamo: basta pensare al budget che ha la ventesima squadra in Premier League».
CALCIOMERCATO E DE KETELAERE – «Innanzitutto il mercato è dinamico. Noi abbiamo provato a prendere Botman prima di Charles, che avrebbe esaurito quello che era il nostro budget e avremmo virato su altri calciatori per quel ruolo lì. Le nostre idee a maggio rispetto a quello che è successo alla fine non c’è quasi un filo conduttore. A questo punto del nostro cammino non dobbiamo prendere giocatori medi, ma di grandissima prospettiva: Charles è uno di questi. È un 2001, ha fatto vedere cose importanti in Champions. C’è bisogno di tempo, so che il tifoso e i giornali non aspettano, ma noi dobbiamo aspettare. Io faccio l’esempio di Platini che alla Juventus per i primi sei mesi non ha fatto bene, poi è tornato a vincere tutto. Un 2001 non è pronto per farsi carico di tante responsabilità in un club come il Milan, questo equilibrio dobbiamo darlo noi. Sappiamo quali sono le strade per portare a crescere i giovani. Sui giovani si fanno delle scommesse, non tutte si vincono ma su di lui abbiamo davvero pochissimi dubbi».
LE IDEE DI PIOLI – «Lo conoscevo perché ho giocato insieme a lui in U21 tantissimi anni fa. Non sapevo che avesse questa carica sul campo che è contagiosa, sprigiona energia che è incredibile. Questa energia è davvero incredibile, riesce a trasmettere ogni giorno qualcosa di eccezionale, condivide i nostri progetti, le nostre strategie sul mercato. Non prende alibi. Tutte cose che abbiamo chiesto e che lui ha accettato perché lui è così. È cresciuto lui e ha fatto crescere noi, è un leader nato. Era considerato un normal one, al giorno d’oggi essere normali è già una grandissima cosa. A volte ci sono agenti che mi descrivono i loro calciatori si allena sempre, è sempre puntuali. Le cose normali ora sono eccezionali. E’ un rapporto speciale, ci confrontiamo, condividiamo, litighiamo: è un sanguigno. Finalmente ha trovato un ambiente in cui può far vedere quello che realmente è come uomo e come allenatore».
IL COMPORTAMENTO DI PIOLI SUL MERCATO – «Opinioni sulle strategie, sul futuro. Non ci soffermiamo tanto sui nomi ma sui profili: all’inizio non era così. Ci diceva che tanti dei ragazzi che sono arrivati non li conosceva. Condividiamo le idee su quello che c’è bisogno. Ad esempio sul difensore, Botman e Tomori sono giocatori abbastanza diversi. In momenti diversi c’era bisogno prima di uno e poi di un altro, poi si cambia idea e si cambia anche strategia».
LE FRASI MOTIVAZIONALI DI PIOLI – «Ci sono statistiche, frasi di avversari, di ex compagni o anche di ex allenatori. Magari anche più di un paio di ex compagni. È una persona sensibile, capisce come stimolare il gruppo e quindi ogni tanto appende qualcosa».
COSA HA BISOGNO QUESTO MILAN A GENNAIO – «Siamo attenti a quello che pensiamo che ci voglia, ma dobbiamo vedere come va questa stagione. Se facciamo l’esercizio di ricordarci cosa pensavamo prima della scorsa stagione è stato stravolto tutto completamente: devi essere aperto mentalmente».
LE CONDIZIONI DI IBRAHIMOVIC – «Anche lui sa che il recupero è difficile, ma quando io e Ricky siamo andati da lui per la proposta di rinnovo gli abbiamo detto che deve considerare al 100% un calciatore, con l’obiettivo di rientrare da protagonista per la seconda parte della stagione. È partito con questa idea, vuole tornare a stagione. L’anno scorso quando le poche volte non ha avuto male è stato uno Zlatan determinante. Si deve considerare un calciatore al 100%. Per il futuro non si deve preoccupare. Ha un po’ questa ansia del dover smettere, ma è normale. Col tempo capisci che è più una fatica continuare. Cosa fa nel futuro? Lui fa Zlatan».
DERBY – «A Milano c’è grande rispetto, Milano ti insegna questo, a rispettare l’avversario. Mi ricordo quando Nesta arrivò al Milan non andava dove non conosceva, io gli dissi che qua è tranquillo e si viene rispettati. Milano che gioca una semifinale di Champions è una Milano vincente. La partita più sentita è proprio il derby, ed è il normale che sia così. È giusto che i tifosi facciano i tifosi ma calciatori e dirigenti devono avere un equilibrio diverso».
NUOVO STADIO E LA CONDIVISIONE DELLO STADIO CON L’INTER – «Devo dire che la convivenza in questi anni è andata bene. Ci siamo divisi trofei, stadio, il piazzale. Non è assolutamente un problema condividere lo stadio. Poi non so quali saranno le decisioni da prendere nel futuro. La cosa chiara, e te lo dice una persona che ha avuto la mia storia, è che è uno stadio pieno di ricordo per tutti i tifosi milanisti. Ma vogliamo vivere di ricordi o creare qualcosa di nuovo per andare a crearne di altri. Il Milan non finisce con San Siro, va avanti. Dobbiamo creare qualcosa che ci renda competitivi ed è lo stadio, altrimenti davvero rimaniamo a raccontarci le cose degli anni che furono e non è una cosa che mi entusiasmi molto».
GALLIANI – «Abbiamo avuto qualche incomprensione negli anni, ma ora abbiamo un bellissimo rapporto. Non fa mai dimenticare quello che ha fatto per il Milan, è un grandissimo dirigente. E’ veramente milanista. Quando successe il problema contro lo Spezia, dopo 15 giorni è andato ad arbitrare il Monza in Serie B: è entrato nello spogliatoio dell’arbitro e gli ha detto: Come si permette di annullare quel gol al Milan?».
DANIEL – «Lo scudetto di Daniel? Dal punto di vista emotivo devi trattenerti, cercare di essere consono al tuo ruolo, ma non fingere. È lì perché se lo merita, il suo cognome gli ha portato solo fastidi. Se vorranno la 3 un giorno sarà loro: sono maturi. Nonno Cesare sarebbe stato contento per Daniel e per me da dirigente, sarebbe stata una gioia immensa. Sicuramente lo hanno visto».
COSA MANCA DI PIU’ – «Papà manca perché era papà. Manca a chiunque ha perso i genitori, manca anche mamma. Negli ultimi anni si è goduto il figlio e i nipoti, poi nel momento dell’evento a noi manca far vedere a lui quello che siamo riusciti a raggiungere».
BERLUSCONI – «Mi ha chiamato ultimamente per consigliarmi un acquisto, ma non posso dirlo (ride, ndr). Chiama spesso Pioli. La cosa che consiglia più spesso è quella di non giocare col portiere, ma poi quando Maignan lancia 80 metri e facciamo gol impazzisce. È contento di questa strada che sta prendendo questo club, rimane un tifoso del Milan».
MAIGNAN – «Quello che fa lui rispetto a tanti altri portieri è particolare. La sua capacità di calciare col destro e col sinistro, è il migliore dei nostri centrali a far girare la palla. È un portiere moderno, è un pignolo, ha voglia di arrivare, è ambizioso. È stato un acquisto molto molto azzeccato, un grande acquisto nel calcio moderno».
DIALOGHI CON I DIFENSORI – «Con i difensori può capitare che i discorsi vadano sul campo, soprattutto sull’uno contro uno. Le questioni sono varie: tecniche, di vita, di comportamento. C’è un colloquio non dico giornaliero, ormai parlo sempre più singolarmente che al gruppo squadra. Avendo un allenatore come Stefano sembra quasi inutile sovrapporsi alle sue parole, che sono molto incisive».
CAMPIONATO – «Dal campionato non so cosa aspettarmi, è un campionato strano. Nessuno di noi sa cosa succederà. Daremo una vacanza a chi non andrà al mondiale, poi faremo una preparazione prima di gennaio. Dipende tutto anche dal girone di Champions, se passiamo avremo ancora una partita ogni tre giorni. Abbiamo deciso di spezzare il campionato in due. Penso che questa squadra sia più forte dell’anno scorso, non c’è bisogno di mandare il messaggino a Cardinale (ride, ndr). Siamo campioni in carica e le responsabilità non ci devono spaventare».
DIFFICOLTA’ DI INTER E JUVE – «Succede, ma grazie a Dio a noi è andata alla grande. L’Inter ha fatto una grande stagione l’anno scorso. Capisco anche i momenti di difficoltà economica. Noi abbiamo intrapreso una strada diversa, grazie a Dio».
OLTRE A LEAO, E’ ARRIVATA QUALCHE OFFERTA, RIFIUTATA, PER QUALCUNO DA UNA BIG – «Sì, più di uno. Anche un ‘non vi presentate neanche’. Per Theo? L’avete detto voi, ma anche per altri. Noi abbiamo i conti apposto, non abbiamo necessità di cedere, ma giocatori incedibili non ci sono».
CALCIATORE CHE SOGNI DI VEDERE AL MILAN – «È un discorso che non mi piace, sono molto realista e sono quelle che sono le nostre possibilità. Sognare mi piace, ma con le nostre possibilità. Non dico nessuno perché quelli che sogno di prendere spero di prenderli».
PAUL SINGER – «Ci ha detto una cosa Paul Singer, che è venuto a vedere solo due partite da quando Elliott ha preso il Milan. Sono rimasto impressionato, avete una fortuna. Attraverso il vostro lavoro potete dare felicità. Lui ha visto il megio che c’era (ride, ndr). Ha ragione però, andare a lavoro per cercare di dare felicità è tanta roba. Dare messaggi positivi è una fortuna, quando diventi credibile le persone ti prendono come esempio. È una cosa che ti fa piacere. Sono piccole cose ma importanti».
LAVORO DA DIRIGENTE – «Ho preso quest’opportunità al momento giusto. Non mi aspettavo di doverla fare. Piano piano ho imparato, all’inizio era tutto nuovo. Leonardo rideva delle mie difficoltà, mi diceva che ero già pronto ma non lo sapevo».
FEDERER – «E’ una brutta domanda, mi fa star male. Sono innamorato di quello che Federer ha portato nel mondo dello sport. Ci sono pochi atleti che mi hanno ispirato, lui è uno di questi. Sono andato a vederlo, l’ho visto dal vivo. Lui mi faceva i complimenti, io gli dissi: “Per il tuo rovescio darei due Champions League”. Un talento incredibile, mancherà a tutti gli amanti dello sport. Ha concluso alla grande».