2014
Lo pseudo-Milan e il pleonasmo del “triangolo”
Con il derby alle spalle, è giunta l’ora di fare un bilancio parziale. Il Milan occupa dopo dodici giornate la settima posizione in classifica con 18 punti. Non considerando i soliti proclami spropositati della società (“Questa rosa è da scudetto” su tutte) e analizzando questo inizio di stagione con obiettività e lucidità, il resoconto non è del tutto negativo. E neanche del tutto positivo. Prima di entrare nello specifico, risulta evidente anche al tifoso meno attento questo continuo cambio di modulo che non permette il raggiungimento di un equilibrio. In ordine, Inzaghi ha adottato 4-3-3, 4-2-3-1, 4-3-2-1 e 4-4-1-1. Se la matematica non è un’opinione, ogni tre partite è avvenuta una variazione che non ha portato ad un miglioramento. Con questo trend, nemmeno rose con la qualità di Bayern Monaco e Real Madrid si sarebbero potute adattare. Sorgono quindi due domande spontanee: Inzaghi ha le idee chiare? E perché non stabilizzarsi su un sistema di gioco semplice e compatto, seppur non spettacolare, considerando la scarsa qualità della rosa e l’inesperienza del mister? Sarebbe bello che qualcuno desse delucidazioni ai tifosi, ma tranquilli, non succederà.
Cosa va e cosa non va con Inzaghi. Analizzando gli aspetti positivi (che non sono tanti), la squadra è finalmente ritornata compatta. Non è presente ancora un’idea di gioco precisa ma è evidente che i calciatori provino a seguire le linee guida dell’allenatore. E ciò non accadeva dalla primissima gestione Allegri. Inoltre, la fase difensiva è ben organizzata. Non sarà impeccabile ma almeno i giocatori hanno un’idea di come muoversi, come marcare e come agire. Per finire, con l’avvento di Inzaghi, si è rasserenato l’ambiente rossonero con una presenza costante di Galliani e di Berlusconi intorno alla prima squadra. Cosa non va in Inzaghi sono soprattutto gli aspetti tecnici sul campo. Una fase offensiva troppo spesso lasciata al caso, un cambio di modulo frequente (e destabilizzante), la scelta errata dell’undici titolare e probabili pressioni dall’alto che condizionano il suo lavoro. Le malelingue, infatti, dicono che la compagine anti-inter sia stata viziata da richieste del presidente.
Un 4-4-2 per iniziare?…no? E qui si ritorna al sarcasmo del titolo. Perché non improntare il gioco su un banale 4-4-2 almeno per la prima stagione? E’ vero, sarebbe stato un addio precoce al “calcio Champagne” ma con questi uomini non ci sarebbe riuscito nemmeno il miglior Sacchi. E senza neanche nulla togliere alla poca tecnica dei calciatori stessi. Una squadra, infatti, necessita tanto di un regista arretrato quanto di un’incontrista che spezzi il gioco avversario. Il problema sorge quando sono presenti quattro centrocampisti ruba palloni e nemmeno uno che sappia impostare. Ovviamente scagioniamo Inzaghi da queste responsabilità, per accusarlo di una mancanza di gioco semplice. Un ritorno agli albori per concentrarsi su uno-due, sovrapposizioni e diagonali. Ma fatte bene. Inutile provare cento idee di gioco, cento schemi e cento diversi tipi di sviluppi sui calci piazzati. Tornare a rendere pleonastico il “calcio Champagne”, per concentrarsi sulla concretezza. Niente tacchi, trivele, e movimenti da Ajax di Crujff. Due passi indietro per recuperare quei “fondamentali da Pulcini”. Togliere un velo di ipocrisia da questo pseudo-Milan per affermarsi, almeno in questa momento di difficoltà storica, con la semplicità.