Maldini a Muschio Selvaggio: «Molto legato al Milan e a Milano»
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Maldini a Muschio Selvaggio: «Leao, Milan, Berlusconi… vi dico tutto»

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Maldini a Muschio Selvaggio: «Molto legato al Milan e a Milano». Le sue parole nel corso dell’intervista con Fedez

Maldini è intervenuto nel corso della trasmissione Muschio Selvaggio. Le parole del dirigente del Milan.

PREDESTINATO – «È partito tutto da mio papà, che è stata un grande giocatore del Milan. Io sono molto legato al Milan e a Milano, oltre all’ambiente rossonero. I miei genitori mi hanno dato tutto, l’educazione in primis, mio papà mi ha instradato verso l’idea di professionismo».

PRIMO GOL A 16 ANNI – «Secondo me è arrivato a 17… Non si può dimenticare il primo gol. Non sai cosa fare perché è il primo, poi abbiamo vinto anche quella partita lì… tanta carica e speri di arrivare al risultato finale. Mi ricordo che Berlusconi mi regalò poi un orologio per il primo gol».

DISCIPLINA – «La mentalità è la disciplina oggi per un atleta di alto livello è fondamentale. Paradossalmente è quasi più importante la disciplina, perché quando hai talento sei portato a non avere tanta disciplina e negli anni questo può renderti meno forte. Io dico sempre che anche nella carriera del miglior giocatore di sempre ci sono alti e bassi. Bisogna essere disciplinati».

SACCHI-ANCELOTTI-CAPELLO – «Si differenziano per il carattere. Sacchi non ha giocato a calcio. Non dico avesse timore, ma magari aveva una maniera d’approccio diversa rispetto a quella di un grande ex calciatore. E’ stato molto difficile anche perché è cambiato il metodo di lavoro: con Sacchi ci ha ammazzato. C’erano meno conoscenze rispetto ad oggi perché poi sono arrivati i preparatori ateltici. Io credo di essere andato in overtraining per metà della mia carriera. L’importante è non mescolare troppi lavori. Io andavo a casa ed ero fidanzata con Adriana, ma non ce la facevo a mangiare fuori (ride, ndr). Ancelotti l’ho avuta nella parte migliore della mia vita, quando hai 30 anni gestisci le emozioni in maniera diversa e godi dei momenti di tensione. La cosa che più mi manca è quel misto di eccitazione e paura che c’e quando si arriva allo stadio nelle grandi partite. Prima dici “Cazzo…”, poi speri di riprovarla. Dopo i 30 anni vivi le cose in maniera più logica e tranquilla. Capello mi ha preso e mi ha detto: “Sai di essere il migliore al mondo?” e da lì ho preso la responsabilità del migliore del mondo e mi ha fatto crescere molto».

MARADONA – «Lui e Ronaldo il brasilano sono i più forti. Io non ho giocato contro Messi, grazie a Dio. Cr7 è un grande bomber, ma ha meno magia degli altri due. Io ero veloce e forte fisicamente, ma loro erano ancora più veloci. Diego poi era simpaticissimo: quando l’hanno nominato nella Home of fame, mi sono vergognato per avergli dato tante di quelle botte e gli chiesi scusa»

ITALIA-COREA – «Ho chiuso in bellezza (ride, ndr). Prima che iniziasse mi ero reso conto che qualcosa non andava. Nel 2002 non c’era la stretta di mano, lo facevano solo i capitani. Tommasi aveva comunque l’abitudine di farlo ed è andato anche dall’arbitro, che si è rifiutato. Poi anche noi abbiamo sbagliato noi, però… Anche l’atteggiamento faceva tanto. Non ci volevano far entrare allo stadio, abbiamo fatto rissa per entrare nello spogliatoio. Quando è finita bisognava essere freddi e poi c’era tanta amarezza. Lippi nel 2006 mi chiese di andare al Mondiale, ma non me la sentivo di tornare. Avevo già detto di no nel 2004 a Trapattoni»

MONDIALI 2006 – «Mi spiace non aver vinto, ma dopo quattro mondiali giocati, tutto quello che hai vinto col club… l’invidia non esiste. Nel 2002 c’è stato un cambio di generazione. Nel 2006 sono andato a festeggiare con la macchina»

BANDIERE – «Adesso è molto più difficile, gli italiani non andavano quasi mai all’estero ed era più facile rimanere all’interno del proprio paese. La cosa importante è essere ambizioso: se sei ambizioso e trovi tutto quello che hai bisogno per arrivare al tuo traguardo nella squadra in cui nato è facile. Ma se fossi nato in un altro club che non aveva le mie stesse ambizioni…»

OFFERTE DA UNITED, REAL E ARSENAL – «Sono vere le voci, ma nulla di concreto. Anche il Chelsea mi aveva cercato tramite Vialli. Se ho mai pensato di lasciare il Milan? Sarei dovuto essere molto convinto io di andare via e il club di lasciarmi andare via. Non è mai successo. Ci sono stati anni duri, tipo a metà anni 90 quando siamo arrivati decimi e undicesimi, ci sono state delle contestazioni. Il club mi ha sempre voluto tenere e quindi certi pensieri non ci sono stati»

TALENTO O OSSESSIONE – «Il talento aiuta. Tutti sono preparati fisicamente e tatticamente, ma l’ossessione e la disciplina fanno la differenza. Ci sono giocatori che hanno abbassato la loro forza fisica e la mentalità a causa di un infortunio magari e non essere più quelli di prima»

DANIEL MALDINI ALLO SPEZIA – «E’ già tanto quello che ha fatto, ha anche vinto uno scudetto. Christian è cresciuto anche lui nel Milan, poi si è rotto due volte il crociato e oggi gioca in C. Daniel sta facendo la sua prima esperienza lontano dal Milan. Tra l’altro a differenzia mia, di mio papà e di Christian è l’unico che non fa il difensore. E’ bello quello che sta facendo. Lui non è precoce come me e quindi questa stagione in prestito e la prossima saranno fondamentali»

INTERVALLO FINALE ISTANBUL – «Ho fatto gol io in finale dopo 40 secondi e lì avevo capito che c’era qualcosa di strano (ride, ndr). E’ una partita che abbiamo dominato per 110 minuti, loro hanno giocato bene 10 minuti e siamo riusciti a perdere. Ci sono state tante speculazioni su quello che è successo all’intervallo, siamo entrati nello spogliatoio urlando tutti perchè eravamo nervosissimi, è intervenuto Ancelotti urlando per farci stare zitti. Hanno detto che avevamo festeggiato, io da capitano non lo avrei mai permesso e anche i miei compagni non lo averebbero mai fatto. Sono cose lontane dalla realtà, è quasi stupido commentarle. Il calcio è bello anche per questo. Il Liverpool aveva fatto un cambio difensivo per non prendere altri gol e invece ne fanno tre in sei minuti. Il bello del calcio è anche che due anni dopo abbiamo avuto la possibilità ad Atene di affrontare nuovamente il Liverpool e di vincere»

RAPPORTO CON BERLUSCONI – «All’inizio non era un politico. Quando è arrivato al Milan ci ha raccontato il suo progetto e ci hanno fatto sognare a tutti. Berlusconi non era conosciuto come oggi, quindi qualche dubbio lo abbiamo avuto quando ci ha detto che voleva portare il Milan in vetta al mondo. Lui è arrivato e ha riorganizzato tutto il club come un’azienda che doveva funzionare. Lui era metodico, controllava tutto. Si preparava in tutto, prima di parlare con qualcuno voleva sapere tutto di lui. Prima di diventare primo ministro nel 1994, ad inizio stagione, ci disse che avevamo tre obiettivi: vincere il campionato, vincere la Champions e lui doveva diventare presidente del consiglio. Ci disse che se avessimo vinto la Champions League lui avrebbe avuto più chance di diventare primo ministro. E come è andata? Abbiamo vinto il campionato, la Champions e lui è diventato primo ministro. Io conoscevo suo figlio Pier Silvio, mi capitava di andare ad Arcore con lui. Se abbiamo parlato di politica? No, magari è successo sul calcio. Sulla vita in generale lui è sempre stato molto attento. Lui è sempre stato molto attento a tutti noi. Un anno fa sono stato ad Arcore con lui e Galliani, e ha chiesto cose sulla mia famiglia e cose così. Sono cose fanno piacere, vuol dire che ci tiene»

LEAO – «Ha già fatto un disco. Una volta mi ha chiesto se poteva farlo uscire il venerdì e il sabato poi giocavamo. Io gli faccio: ‘Cosa?!’. Lui poi mi ha spiegato che nel mondo della musica i dischi escono il venerdì. E gli ho detto: ‘Allora domani devi fare due gol’. Leao è un talento pazzesco. Io sono un esteta grazie a mio papà e Leao è bello da vedere, è qualcosa di unico. Ha le carte in regola per diventare un top. Lui era in panchina al Lille e quando è arrivato gli ho detto che lui giocava per il suo Instagram perchè metteva video bellissimi con dei dribbling e giocate, ma poi finiva la stagione con due gol segnati. Lo abbiamo aiutato a cambiare questa mentalità. Uno così talentuoso deve lavorare anche più degli altri per sfruttare il suo talento»

CHIARITO CON SPALLETTI – «Non c’è bisogno di chiarirsi. La cosa bella della maturità è anche questa. E’ venuto fuori una frase che non ho detto (“Hai già vinto lo scudetto, non rompere i c…”, ndr). Io non volevo fare casino ed essere rumoroso, in quel momento i protagonisti erano altri e non noi»

RAPPORTO CON L’INTER – «C’è massimo rispetto, ma non è una cosa solo mia. Quando è arrivato Nesta dalla Lazio mi chiese quali erano i ristoranti in cui poteva andare e quali no, perchè a Roma è così. Gli dissi che poteva andare dove voleva. C’è un antagonismo sano tra le due squadre»

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