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Milan-Juve: ecco come l’hanno vinta i bianconeri – LAVAGNA TATTICA

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Oltre ad aver seminato il panico contro Theo, Chiesa ha dato solidità difensiva alla Juve. I bianconeri si sono difesi con ordine e attenzione

Ieri è stata una gara piuttosto anomala, visto che entrambe le squadre avevano pesanti assenze tra Covid e infortuni di varia sorta. Non il contesto ideale per una Juve che doveva assolutamente vincere per rientrare in lotta scudetto. Nonostante la rosa rimaneggiata, il Milan non si è snaturato, mettendo in campo i soliti principi. La squadra di Pioli sembra una formazione tedesca di qualche anno fa: si distingue per ritmi supersonici, un pressing intenso e per tanta frenesia in fase di possesso. Una squadra che va sempre in verticale e che se potesse attaccherebbe sempre in transizione. Il Milan è forse la formazione più incisiva della Serie A quando le distanze si dilatano, ha tanti velocisti in grado di fare la differenza negli attacchi sul lungo.

Proprio per questo, la fase di non possesso della Juve si è adeguata di conseguenza. Se il Milan ha applicato un feroce pressing offensivo uomo su uomo in zone molto avanzate del campo (occupandosi di Szcesny anche dentro l’area piccola), al contrario i bianconeri hanno scelto un altro approccio. La priorità era quella di negare spazi in transizione ai rossoneri, approfittando dell’assenza di Ibrahimovic e Rebic. Gli ospiti non provavano neanche a recuperare palla in zone molto avanzate del campo, preferendo aspettare l’avversario con un 4-4-2 più accorto e prudente nella propria metà campo.

Nel complesso Juve ha concesso qualche transizione di troppo, non gestendo sempre bene gli attacchi in campo aperto del Milan (così è arrivato il gol di Calabria, schierato nell’insolita posizione di centrocampista). Calhanoglu in particolare ha creato parecchi grattacapi tra le linee nelle ripartenze, non era semplice leggere la sua posizione.

La ripartenza che porta al tiro di Leao, che sfiora il palo. Su una palla persa a sinsitra dalla Juve, il Milan riparte e trova Calha tra le linee, alle spalle di Rabiot e Benta. I bianconeri sono un po’ troppo lunghi.

Quando però i bianconeri si abbassavano e difendevano la profondità, il Milan era piuttosto sterile. Certo, ci sono state fasi del match in cui la Juve era poco brillante e non riusciva a risalire. Gli ospiti però non sfruttavano fino in fondo la supremazia territoriale: senza Ibra e Rebic, mancava presenza offensiva in avanti.

Come il Milan ha provato a far male

Per creare pericoli, i rossoneri cercavano di sfruttare il tiro da fuori. Quando allargavano la manovra poi tornavano dentro: facevano collassare la Juve dentro l’area di rigore e poi effettuavano retropassaggi per l’uomo a rimorchio (di solito Calhanoglu). A volte i centrocampisti bianconeri non erano abbastanza reattivi nel leggere queste situazioni, ma per fortuna di Pirlo non si sono tradotte in gol (la conclusione più insidiosa è stata quella di Dalot a inizi ripresa). In ogni caso, era quasi solo tramite tiri da lontano che la Juve concedeva pericoli, fotografia di una squadra che proteggeva molto bene l’area di rigore.

Un esempio qui. Senza spazi, ben coperti dalla juve, il Milan può solo tirare da fuori. I rossoneri allargano il gioco, fanno schiacciare la Juve dentro l’area, e poi tornano su Calhanoglu. Szczesny però para il suo tiro.

Inoltre, l’atteggiamento del Milan si traduceva poi in attacchi in campo aperto quando i bianconeri riuscivano a recuperare palla. Nella ripresa, quando l’intensità dei rossoneri è calata (Pioli aveva anche poche armi dalla panchina), i cambi di Pirlo hanno inciso. La Juve si è resa letale in transizione e vinto così la gara, paradossalmente con l’arma tattica principale del Milan. Anche così si spiega la titolarità di Rabiot al posto di McKennie, proprio perché il francese ha più capacità di break e di progressione sul lungo. Ha caratteristiche più adatte per il tipo di match che i bianconeri dovevano fare.

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