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Paolo Rossi, il ricordo della Figc con una lettera di Gravina

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Nel giorno dei funerali di Paolo Rossi, il Presidente della Figc Gabriele Gravina scrive una lettera aperta per ricordare “Pablito”

È come se Paolo Rossi si fosse portato via il pallone.

E con lui, pure, un pezzo d’Italia. Quella messa in circolo davanti al televisore per le partite della Nazionale, quella che le emozioni non le condivideva sui social, ma con gli abbracci dopo ogni suo gol. L’Italia in finestra, quella popolare e con la bandiera a sventolare fuori dai finestrini e i clacson a raccontare la felicità per quelle vittorie – una dopo l’altra – passate alla storia.

È come se Paolo Rossi si fosse portato via l’estate.
Degli amori e delle pallonate, delle tovaglie a quadri delle nonne e delle corse a casa per vedere quelle partite che iniziavano nel primo pomeriggio e che, per certi aspetti, non sono mai finite. Perché nessuno, mai, le dimenticherà. Come gli occhi, lucidi, del parente o dell’amico che avevi accanto il giorno che Pablito gliene fece tre al Brasile e la R di replay lampeggiava sullo schermo al ritmo del cuore di milioni di telespettatori, persone, italiani.

È come se Paolo Rossi si fosse portato via gli anni Ottanta.
Di televisori in bianco e in nero, mangianastri, robot, borselli e vacanze lunghe vissute tutti insieme sotto lo stesso ombrellone, in modo corale come quel mondiale: il Mondiale. Di pareggi, critiche e rinascita. Di classe e marcature a uomo, palleggio e contropiede, gregari e protagonisti assoluti, autentici. L’Italia di Gaetano Scirea, Dino Zoff e tutti gli altri. L’Italia di Sandro Pertini che si alza in piedi e chi se ne frega della forma, gol! L’Italia senza stereotipi e che non è scritto da nessuna parte che i sogni debbano per forza andare in fumo. Se non quello della pipa di un allenatore, solo apparentemente con il broncio, ma con la squadra tutta dalla sua parte.

Paolo Rossi – improvvisamente come uno dei suoi gol – s’è portato via tutto questo.
Ma nella fretta, perché i veri cannonieri le cose le fanno sempre molto rapidamente, una cosa se l’è dimenticata, ce l’ha lasciata: la memoria. Di quell’estate azzurra, così fantastica grazie ai gol di uomo semplice che ricorderemo – per sempre – con le braccia al cielo, il sorriso sulle labbra e il tricolore sul cuore.

Paolo Rossi! Paolo Rossi! Paolo Rossi!

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