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REPUBBLICA – NIANG: “Milan, voglio portarti in Champions League e diventare il capitano. Il nostro progetto funziona!”

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Ecco le parole di Niang a Repubblica, sul momento personale, di squadra e sul futuro, quello ‘presente’ che si chiama Juventus ma non solo:

“Le statistiche sulla mia efficacia mi fanno piacere. Non mi sento insostituibile, ma un leader sì. Posso diventare un campione, lavorando duro. Questo Milan vuole dimostrare di essere di nuovo quello che abitava in Champions League. Vicino al Leicester a gennaio? Arrivavo da un lungo infortunio, nella mia testa c’era solo il derby contro l’Inter. Ho fatto bene, direi: 3-0, con un gol mio”.

PROGETTO GIOVANI VINCENTE.

“Non se ne andrà nessuno. Ci mancavano le certezze, ci mancava di sentirci il Milan: ora abbiamo identità tattica, gruppo unito, solidità difensiva. Io ho già rifiutato offerte importanti e a maggior ragione direi di no oggi. Il progetto fondato sui giovani funziona. In Italia c’è meno paura, anche se alcuni club preferiscono ancora gente più esperta. Noi siamo il mix giusto. I campioni che vincono da soli le partite deresponsabilizzano un po’ gli altri: se ti affidi al gruppo, sei meno vulnerabile, puoi andare lontano. I presupposti ci sono: 7 Under 24 prontissimi. Io avverto la responsabilità: con De Sciglio sono il più esperto. Non mi sento più un giovane. Ho quasi 22 anni e faccio il professionista da quando ne avevo 16. Noi due dobbiamo essere di esempio ai ragazzi veri, come Donnarumma e Locatelli”.

OBIETTIVI.

“Scudetto? Troppo presto. Champions? Nessuno ci immaginava secondi. Se restiamo umili, tutto è possibile: le sorprese ci sono sempre. La Juventus è una svolta: non è imbattibile, l’ha dimostrato l’Inter. E noi dobbiamo tornare in Europa. PSG? Un giorno, perché no. Ho indossato il numero 78 del mio dipartimento, Yvelines, ma ora mi tengo stretto il Milan e l’11, come al Genoa: vorrei diventare il capitano. Ogni volta che torno a Les Mureaux, dai miei amici, capisco che rappresento un modello. Le cazzate mi hanno fatto crescere. La mia carriera dimostra che lo sport serve a non prendere la strada sbagliata. Non tutti diventano campioni, ma è giusto che tutti ci provino”.

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