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Sacchi al Salone del Libro: «USA 94 una medaglia di cui essere orgogliosi, Baresi giocò dopo l’operazione»

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L’ex allenatore del Milan, Arrigo Sacchi, ha preso parola sul palco del Salone del Libro di Torino: le sue parole tra aneddoti e presente

(L’inviato Mattia D’Elia) – Intervenuto sul palco del Salone del Libro di Torino, Arrigo Sacchi ricorda alcune sue avventure vissute sulla panchina del Milan e su quella della Nazionale. Queste le sue dichiarazioni raccolte dalla nostra redazione di MilanNews24.

USA 94 – «Quando una squadra dà tutto quello che può è già vittoriosa. Noi siamo arrivati alla finale con gli ultimi 3 giorni dove non ci siamo allenati perché i nostri giocatori, mi dicevano massaggiatori e medici, non avevano più nulla. Però erano persone affidabili, gente che non mollava. Sono stati bravissimi perché li hanno portati ai tempi supplementari. Purtroppo si è trattato di una brutta cosa, che il calcio non era più il calcio. Berlusconi era diventato Presidente del Consiglio e il PD aveva detto al giornalista di sparare sulla Nazionale. Quando dimostrarono che noi volevamo andare sulla costa est, il presidente disse di no. Sono stato molto esigente con me stesso e con gli altri, ma quando una squadra ha dato tutto quello che poteva, io mi son congratulato. Per me è stata una medaglia della quale essere orgogliosi. Lì c’erano 13-14 giocatori, uno addirittura era stato operato 15 giorni prima, ovvero Franco Baresi. Siamo arrivati secondi, ma la politica aveva paura e non ci è stato dato alcun riconoscimento».

MARADONA MI VOLEVA AL NAPOLI – «Mi disse: “Se vieni al Napoli, con me e Careca parti già con un gol di vantaggio”. Gli risposi: “E se ti infortuni?”»

SPALLETTI – «E’ stato bravissimo, lo hanno seguito tutti i giocatori. Il Napoli aveva venduto i 4 più famosi, ha preso degli sconosciuti. Hanno vinto con merito. Hanno dato tutto quello che potevano dare, poi però devi vedere se c’è qualcuno che cerca di respirare e non ripetersi. Purtroppo questo è successo. Forse gli allenatori non erano all’altezza, ma tutto parte dal club. Italia fuori dal Mondiale? Una parte di colpa è anche dei giornali e delle televisioni che, per avere seguito, non aiutano la gente a capire».

GLI ALLENAMENTI AL MILAN – «Volevo dimostrare che 5 giocatori organizzati (ovvero il portiere e i 4 difensori) valevano più di 10 giocatori non organizzati. Permettevo ai 10 giocatori, una volta Gullit, una van Basten… che facessero loro la squadra. Ci giocavamo dello Champagne»

CONTE – «Da giocatore era un ragazzo che dava tutto quello che poteva dare. Come allenatore è diventato un ottimo allenatore, perché è una persona che dà tutto. Se fai così sei già un vincente. Nel nostro Paese se vinciamo siamo bravi, se perdiamo siamo dei somari, ma non è così! Il calcio è la storia e la cultura di un paese».

MAI STATO ESONERATO – «Io ho un record: non sono mai stato esonerato. Sono partito dalla penultima categoria e le ho fatte quasi tutte. Ho avuto una grande fortuna, quella di avere dei presidenti pazienti. Berlusconi mi vide per caso. Loro avevano comprato 5 calciatori per rinforzare la squadra, tutti italiani, e la prima partita amichevole la fecero contro il Parma, col più vecchio che aveva 23 anni. Alla fine del primo tempo il presidente del Parma mi disse: “C’è Berlusconi che ti vorrebbe conoscere”».

L’INCONTRO CON BERLUSCONI – «Berlusconi mi disse: “La seguirò in campionato”. Da lì a 15 giorni, il sorteggio della Coppa Italia mise il Milan contro il Parma. Andammo a Milano e vincemmo noi 1 a 0. Segnò Fontolan che aveva 19 anni. A Parma dicevano che ero un matto e che saremmo retrocessi, invece lottammo fino alla fine per andare in A. La squadra del Milan non funzionava, arrivarono quinti. Affrontammo nuovamente il Milan in Coppa Italia e vincemmo nuovamente 1 a 0. Il martedì mi arriva una telefonata dal responsabile di Mediaset che mi dice: “Berlusconi ti vorrebbe conoscere e ti invita a cena”. Andai. Loro sapevano che io mi sarei dovuto incontrare con la Fiorentina, Berlusconi era un uomo che ti metteva a tuo agio. Parlammo dalle 20 fino all’1 e mezza, mi chiese di rimandare. Io non me la sentì di rimandare. Il responsabile Mediaset, che era un mio amico, mi disse: “Mi ha detto che al 99% sei già l’allenatore del Milan”. Incontrai nuovamente il Milan per la firma, e firmai in bianco. Quel furbone di Gallini mi mise meno di quando prendevo a Parma (ride ndr)».

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