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Serie A, Inter inarrestabile, Milan in apnea e Atalanta da record
Erano passati undici anni dall’ultimo scudetto nerazzurro targato José Mourinho. Era l’anno del triplete, Javier Zanetti avrebbe calcato i campi della Serie A ancora per quattro stagioni e Antonio Conte approdava nel massimo campionato con il Siena, grazie al secondo posto ottenuto in cadetteria
In mezzo uno scudetto del Milan e nove anni di totale dominio bianconero, iniziato proprio con Conte in panchina. Undici anni dopo è proprio il tecnico nativo di Lecce a lasciare, ancora una volta, la sua firma su quella che lui stesso ha definito «un’impresa». E proprio come fece Mourinho undici anni fa, ancora una volta il comandante nerazzurro saluta i suoi soldati dopo averli condotti alla vittoria. Ma la speranza dei tifosi interisti è che, stavolta, la storia prenda un altro corso. D’altronde Conte lascia una squadra completamente risollevata, al top del proprio potenziale e consapevole di essere in grado di competere ad alti livelli ancora per molto tempo, anche se sotto una guida diversa. L’Inter chiude una stagione in cui ha vissuto un processo di crescita esponenziale partita dopo partita che l’ha portata ad essere a dir poco dominante, come testimoniano le 16 vittorie, due pareggi e una sola sconfitta in tutto il girone di ritorno. Un ruolino di marcia impressionante, risultato di un evidente strapotere sotto ogni aspetto del gioco: a livello di dati medi stagionali, l’Inter è stata l’unica squadra ad aver avvicinato la soglia del 94% sia in efficienza tecnica che fisica. Ad immagine e somiglianza del proprio tecnico, i nerazzurri hanno messo in campo un’aggressività che non ha avuto eguali in nessun’altra squadra in questo campionato (95,2%), correndo per ben 113 km a partita – di cui 28 ad alta intensità e 2,7 oltre la soglia dello sprint (25 km/h) – e sostenendo un carico metabolico di 11,1 W/kg. Ora sarà il turno di Simone Inzaghi, che proverà guidare il tre volte MVP stagionale Lukaku (nessuno meglio di lui in stagione) e compagni verso la difesa del titolo in quella che, già dalle prime battute di mercato, si preannuncia un’annata con forti emozioni.
Sull’altra sponda del Naviglio, il Milan di Stefano Pioli si gode il tanto atteso ritorno in Champions League a sette anni di distanza dall’ultima volta. Sette, come le coppe dalle grandi orecchie orgogliosamente esposte in una sala trofei di via Aldo Rossi che mette quasi in soggezione, e dalla quale i rossoneri possono finalmente sentirsi «tornati a casa». Sette, come le differenti squadre con cui Zlatan Ibrahimovic ha giocato nella massima competizione continentale per club, e nella quale aveva l’ardente desiderio di giocare ancora una volta, forse l’ultima. In fondo sono 40 gli anni sulla carta d’identità del campione svedese che, per quanto limitato da numerosi infortuni, ha dato un apporto fondamentale alla crescita del Diavolo, sia in campo (come Lukaku, anche Ibra vanta tre MVP vinti in stagione) sia fuori, grazie alla sua capacità di portare all’interno dello spogliatoio più giovane della Serie A (e uno dei più giovani in Europa) una mentalità vincente che mancava da troppo tempo in quel di Milanello. Lui e Pioli – con il costante ed immancabile supporto di una bandiera come Paolo Maldini – sono stati i veri plasmatori di un gruppo capace di superare ogni più rosea aspettativa di inizio stagione e di migliorare sensibilmente il livello del proprio gioco rispetto al campionato precedente. Il Diavolo, infatti, è stata la squadra che ha fatto registrare l’incremento più importante (+3%) in termini di efficienza tecnica rispetto al 2019/20. Ogni giocatore del Milan è cresciuto al punto che i rossoneri sono stati la formazione che ha ottenuto più MVP settimanali di qualunque altra: ben otto, davanti ai sette di Inter e Atalanta. Adesso arriva la parte difficile: riconfermarsi ad alti livelli dopo l’ottima stagione appena conclusa. Non sarà facile, Pioli lo sa, ma è anche consapevole del fatto che potrà contare su un gruppo solido e affamato, ormai pienamente consapevole dei propri mezzi.
Il Milan ha strappato il secondo posto in classifica all’ultima giornata all’Atalanta di Gian Piero Gasperini, proprio sul campo dei bergamaschi. Nulla di grave però, perché quella dei nerazzurri è stata l’ennesima grande stagione di una squadra che ormai non può certamente più essere vista come un’outsider. Con i 78 punti conquistati, l’Atalanta ha eguagliato il proprio record in Serie A fatto registrare nella scorsa stagione confermandosi, se ancora ce ne fosse stato bisogno, come una delle squadre più difficili da affrontare nel nostro campionato. Nonostante il doloroso addio del Papu Gómez a metà stagione, la Dea non ha mai vacillato e, anzi, nel girone di ritorno è stata l’unica squadra ad aver raggiunto costantemente il 95% di efficienza fisica, in linea con i Top Club Europei. Forse non è stata la miglior stagione di Josip Ilicic (che potrebbe anche partire nel corso del mercato estivo), ma lo sloveno è stato comunque capace di vincere tre premi come MVP settimanale al pari di Lukaku, Ibrahimovic e Insigne. Il gruppo resta compatto dietro al suo condottiero, il cui primo obiettivo sarà quello di diventare il quinto allenatore capace di collezionare 700 punti in Serie A (attualmente si trova a quota 698) nell’era dei tre punti a vittoria, dopo Carlo Ancelotti, Luciano Spalletti, Massimiliano Allegri e Francesco Guidolin. Il secondo potrebbe essere una parola che a Bergamo non sembra più tanto assurda e distante, e che consacrerebbe inequivocabilmente questo gruppo nella leggenda: Scudetto.