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Sogno Azzurro, tutte le dichiarazioni dei convocati da Mancini
La Nazionale italiana si racconta nella prima puntata di “Sogno Azzurro” in onda su Rai1. Le parole dei protagonisti
MANCINI – «I giocatori capiscono subito se sei competente o meno. Dal primo giorno ci siamo dati l’obiettivo di far tornare ad appassionare i tifosi che si erano un po’ allontanati. Sono stati i giocatori a credere in questo progetto. Ho trovato tanti giocatori con personalità nonostante la gente credeva che avessimo fatto fatica a trovarne 11. Chiaro che la gente prende ad esempio Chiellini e Bonucci che sono i più esperti. Il fatto di aver giocato per 20 anni ad alto livello mi permette di trasferire alcune idee ai calciatori. Per formare un gruppo è fondamentale lo spirito di squadra. I ragazzi hanno trovato uno spirito di gruppo straordinario. Sono felicissimo di aver trovato Vialli in Nazionale. Lui è stato sempre più maturo di me, un esempio in campo, molto importante per noi».
IMMOBILE – «Il mister è uno che parla piano piano, devi avere buone orecchie per ascoltarlo. La mia personalità è abbastanza forte nello spogliatoio, se ho qualcosa da dire lo faccio. Non sono super dotatissimo tecnicamente, ma dove non arriva la tecnica arriva la tenacia».
BARELLA – «Il mister è stato bravissimo a far riavvicinare tutti i tifosi alla Nazionale. Un momento difficile per tutti».
LIPPI – «Coverciano è un posto splendido da dove si percepisce tutto il calcio italiano è passato da lì».
BELOTTI – «I risultati parlano, vincere ogni partita nel girone non è un caso. Non hai mai fatto un passo falso e sei andato in costante crescita. Mancini ha dato un’impronta a questa Nazionale dove tutti si sentono parte di qualcosa».
VIALLI – «Un leader sereno e tranquillo, sa di non aver più nulla da dimostrare. C’è grande equilibrio tra disciplina e libertà. Di Roberto si sentiva parlare nelle giovanili, io l’ho conosciuto a Coverciano. Era velocissimo, quando ci siamo visti sapeva che presto sarebbe andato alla Sampdoria ed è quando siamo stati acquistati dal club siamo diventati amici. Lui era un giocatore di classe, con stile e bello da vedere. In quasi tutti i nostri gol la palla passa da uno all’altro, quasi sempre. So che per quello che mi è successo ci sono tante persone e pensano che se sto bene io, possono farcela anche loro. Sono stato un giocatore e un uomo forte ma anche fragile e penso che qualcuno possa essersi riconosciuto. Sono qui con i miei difetti, le paure e la voglia di far qualcosa di importante. Con il cancro non sto facendo una battaglia: lui è un compagno di viaggio indesiderato, ma devo andare avanti, viaggiare a testa bassa senza mollare mai, sperando che si stanchi e mi lasci vivere ancora per tanti anni».