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Tonali: «Il Milan mi dà un senso di felicità e serenità»

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Sandro Tonali ha rilasciato qualche dichiarazione a Rivista Undici. Le parole del centrocampista del Milan

Sandro Tonali ha rilasciato qualche dichiarazione a Rivista Undici. Le parole del centrocampista del Milan:

Da dove Viene Sandro Tonali? «Io sono nato a Lodi. Stavo a casa a Sant’Angelo, ho fatto il primo anno all’oratorio nel mio paese, poi sono andato subito a Milano alla Lombardia Uno. Ho fatto un passaggio molto diretto, che non era normale, diciamo, a quell’età».

Quanti giocatori sei stato prima di diventare il centrocampista che sei adesso? «Da piccoli tutti vogliono fare gli attaccanti e pure io sono nato attaccante. E poi col passare del tempo non è che mi annoiavo, ma volevo provare cose nuove in giro per il campo. Poi ne ho provata una sola, perché sono diventato centrocampista e lì mi sono fermato.  È Stato un bene»

ln quegli anni avevi in testa solo il calcio oppure era più un: proviamo, vediamo come va? «Tutti partono con l’idea di voler diventare calciatori da bambini, ma è difficile avere un’idea e riuscire a portarla fino alla fine. Devi avere fortuna, devi essere bravo, e devi dedicare tUtto il tempo possibile al calcio. E canta fortuna, ancora. E difficile dire: “Voglio giocare in Serie A” e poi riuscirci. Ti devono andare bene tante cose».

Di tutte queste cose che devono incastrarsi per arrivare in Serie A, qual è stata una in particolare Che ha aiutato? «Di tutte queste cose che devono incastrarsi per arrivare in Serie A, qual è stata una in particolare Che ha aiutato? Io ho avuto la fortuna di giocare a Brescia e di avere un presidente in particolare che fa giocare i giovani. Questa è una fortuna più che una qualità. Cellino a Brescia mi ha dato questa opportunità alla prima di campionato, e io sono salito subito sul treno. E difficile vedere in Serie B giovani di 17 anni del settore giovanile esordire.Io ho avuto la fortuna di giocare a Brescia e di avere un presidente in particolare che fa giocare i giovani. Questa è una fortuna più che una qualità. Cellino a Brescia mi ha dato questa opportunità alla prima di campionato, e io sono salito subito sul treno. E difficile vedere in Serie B giovani di 17 anni del settore giovanile esordire»

Predestinato è una parola che ti si addice? «Più che predestinato, che non lo trovo un aggettivo giusto, alla fine sono sempre stato umile. Mi ha aiutato aver sudato prima di arrivare in alto. Anche aver fatto più di 80 partite con il Brescia mi ha aiutato nel percorso che ho avuto e da quando sono arrivato al Milan. Anche fuori dal campo, perché la Serie B ti dà esperienza. Non dico che sia un’esperienza da fare per forza, ma per chi non può giocare da subito in Serie A è una cosa che fa bene perché capisci i gradini che ci saranno».

Sarebbe meglio partire dal basso sempre? «Sì, abbiamo visto chc negli ultimi anni un giocatore giovane provato per la prima volta in Serie A dalla Primavera, dopo magari una mezza stagione al top, poi c’è il rischio che si facciano discorsi tipo: non è ancora pronto… Non c’è la voglia di aspettare un ragazzo, una squadra oggi vuole persone e giocatori che siano pronti, che siano al livello degli altri».

Al Milan come sei riuscito a gestire le emozioni di un primo anno di gavetta e un secondo anno già da leader? Come è cambiata soprattutto la percezione di te stesso? «All’inizio era difficile. Perché sono arrivato in un momento in cui la squadra andava a duemila all’ora, andava tutto bene, i risultati erano perfetti, quindi dovevo entrare in punta di piedi. E stato un processo a rilento. Poi col passare del tempo è stato importante il mister Pioli, che mi è venuto molto incontro durante l’anno, è Stato bello trovare ragazzi molto giovani, e ragazzi molto esperti come Ibra, che l’anno scorso mi ha aiutato molto sia dentro che fuori dal campo. Più fuori dal campo».

Ci parli tanto, con lui? «Si è uno che capisce subito se hai mezzo problema, se hai una virgola che non va, E una persona che parla molto e che ti aiuta in qualsiasi aspetto».

E poi cos’è successo quest’estate, come ci si trasforma da promessa in certezza, quasi in idolo?  «Succede che è passato un anno e un’estate, e ho avuto tempo di staccare, riposare la testa, azzerare e ripartire. Nel calcio questa è una cosa che può darti una seconda possibilità, come è successo a me. Ho avuto tempo di ragionare: sapere che il Milan puntava ancora su di me, quella è stata la cosa fondamentale, la base di tutto. Poi in campo non ti so dire cos’è cambiato, perché è cambiato qualcosa nella testa. Ma da lì è stata una modalità che io e il mister abbiamo cercato di mantenere sempre così. Perché era molto facile fare bene due o tre partite e poi tornare alla media dell’anno scorso, quindi è stata questa la cosa difficile».

 Hai detto che è successo qualcosa a livello mentale: hai staccato per poter ricominciare. una cosa di cui si parla sempre più spesso fortunatamente in questi anni, l’importanza di essere rilassati anche in testa. A me sembra che nel Milan ci sia un gruppo che funziona molto anche perché c’è sinergia mentale. Una cosa bella è che siamo giovani e ci capiamo in una frazione di secondo in qualsiasi aspetto. Nel calcio il tempo che hai per staccare veramente è poco, lo puoi fare soltanto durante una vacanza estiva a fine campionato. Ti può dare energia, una spinta in più, anche carica.

E invece come si trova la forza per reagire anche in modi inaspettati quando arrivano le partite più difficili? «Quelle sono partite che si giocano solo per vincere, altrimenti non saremmo qui. Qyella contro il Napoli è stata per noi fondamentale, per il morale e per la classifica. E anche quella con l’Inter. Trovi la carica da solo, non hai bisogno di altre motivazioni. E più semplice in un certo senso giocare quelle che altre partite a basso ritmo».

Cosa ti comunica da sempre il Milan e la sua storia? «Io sono cresciuto guardando il Milan e andando allo stadio. Mi dà un senso di felicità, di scrcnità. E anchc conoscendo persone come Maldini e Massara… ti danno la sensazione di essere sereni, felici, e di avere un amore irnmenso per il Milan. Stare insieme a loro facilita il percorso di tutti».

Quando non pensi al Milan invece che fai? «Quest’anno rispetto agli ultimi due anni ho cambiato molto. Alimentazione. Hobby, che sono diversi e sono meno, perché vivere in una città come Milano ti permette certe cose e non te ne permette altre. Qyindi magari uscire una volta in meno e stare a casa molto più spesso, o uscire a cena con la mia ragazza. Sono tutte cose che puoi fare ma devi stare attento anche su quelle».

C’è un senso di responsabilità, per certi versi, nel sentirsi così forte? «No, o meglio non ancora. il mio secondo anno di Milan, il terzo di Serie A, quindi direi che è ancora presto. La responsabilità viene da sola, dopo parecchie partite, parecchio tempo in una squadra, avendo la fiducia di tutte le persone di una società. Adesso non serve sentirsi una responsabilità da portarsi dietro».

Il calcio ti fa crescere troppo in fretta? «Sì. Perché come l’ho vissuta io a partire dai primi passi che a 14 anni vai a vivere da solo ti cambia, perché a 18 anni sei già un uomo, e gli altri tuoi amici a 18 anni hanno vissuto una vita diversa, sono ancora in casa, e poi nel momento in cui torni a casa un’estate o dei giorni di vacanza ti fa anche strano. Qindi ti fa crescere in fretta e la cosa brutta è che finisce presto».

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